Che il diabete non adeguatamente controllato sia un fattore di rischio per il cuore è risaputo. Meno noto è che, in caso di infarto e quindi carenza di sangue ed ossigeno ad un'area del miocardio, quando si è effetti da diabete i danni potrebbero essere maggiori. Le cellule del tessuto muscolare cardiaco sono infatti meno abili nel tollerare la carenza del nutrimento e quindi possono morire più rapidamente, con ripercussioni potenzialmente maggiori sugli esiti dell'ischemia e sul rischio futuro di sviluppare scompenso. Se questa è la situazione, una possibile soluzione potrebbe arrivare da un farmaco attualmente in studio avanzato per forme di anemia legate alla malattia renale cronica.
L'ipotesi che molidustat, questo il nome del principio attivo, possa aiutare a proteggere meglio il cuore delle persone con diabete e limitare i rischi di sviluppare scompenso cardiaco arriva da uno studio finanziato dalla British Heart Foundation e condotto dagli esperti dell'Università di Oxford, apparso su Diabetes. Gli studiosi hanno scoperto che il medicinale è in grado di rappresentare una sorta di "corroborante" per le cellule del cuore colpite dall'ischemia. La sua azione infatti consente di incrementare i valori di una proteina chiamata HIF (Hypoxia Inducible Factor). Purtroppo però mediamente nelle persone con diabete i valori di questa proteina all'interno delle cellule miocardiche tendano ad essere più bassi e quindi anche la normale reazione di "spinta" verso l'alto dei livelli di HIF che si verifica fisiologicamente dopo un'ischemia, utili per la sopravvivenza cellulare, sono ridotti.
Gli studiosi inglesi hanno prima rilevato in cellule cardiache con resistenza all'insulina, fenomeno tipico del diabete di tipo 2, un aumento molto più basso rispetto al tessuto miocardico sano dell'aumento di HIF. Tuttavia, trattando le stesse cellule con il farmaco in sperimentazione, si è "accesa" la risposta dei geni bersaglio di HIF e ne sono cresciuti i valori. Poi si è passati all'animale da esperimento dopo ischemia, confrontando quanto avveniva in cuori di ratti diabetici e non. Anche in questo caso il trattamento con molidustat ha consentito di ottenere un ritorno alla funzione del tutto simile a quello osservato negli animali sani. Come se non bastasse, poi, visto che la proteina HIF entra in gioco anche nei meccanismi di neoangiogenesi, ovvero nella crescita autonoma di nuovi vasi sanguigni che tentano di compensare la carenza di ossigeno nella parte del cuore colpita da infarto, c'è da sperare che anche in questo senso il supporto farmacologico possa avere un significato positivo. "
Chi ha il diabete pensi (anche) al cuore
Insomma: sul fronte della cronicità l'interazione positiva di alcune terapie per il diabete nei confronti dello scompenso cardiaco è ormai chiara. Per quanto riguarda la possibilità di limitare i danni in caso di infarto acuto, migliorando la prognosi a distanza e il danno sul cuore, si sta lavorando. La speranza è che attraverso farmaci in grado di stabilizzare i valori di HIF aumentandoli anche in chi affronta il diabete si possa ridurre il rischio di scompenso dopo infarto miocardico in questa specifica popolazione. Ma solo gli studi clinici futuri potranno confermare questa ipotesi.