Piede diabetico: rischi altissimi. Ecco come riconoscerlo e intervenire per tempo
di DANIELE BANFI
Si può andare incontro a due complicanze: la neuropatia periferica e la vasculopatia
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Chi soffre di diabete di tipo 2 lo sa bene. Una visita all’anno dall’oculista è di rigore. L’occhio infatti è uno degli organi che più risente della glicemia alta. C’è però un altro distretto corporeo, ancora troppo poco considerato, particolarmente vulnerabile: il piede. Non è un caso che gli addetti ai lavori lo chiamino “piede diabetico”, una situazione che può portare a gravi complicanze che possono sfociare nell’amputazione dell’arto. Ecco perché conoscere il rischio e intervenire tempestivamente è di fondamentale importanza per evitare seri danni.
“Nel paziente diabetico - spiega il professor Luigi Uccioli, diabetologo ed endocrinologo presso il Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma - il piede può andare incontro essenzialmente a due complicanze: la neuropatia periferica e la vasculopatia. Nel primo caso il piede risulta “anestetizzato” e quindi incapace di percepire gli insulti esterni, nel secondo vi è invece un problema di circolazione sanguigna”.
Il fatto di percepire meno gli stimoli -nel caso della neuropatia- rende il piede più vulnerabile a condizioni esterne avverse quali calzature troppo strette o temperature eccessive che si possono incontrare ad esempio in estate camminando a piedi nudi sulla sabbia. Quanto alla vasculopatia invece, i piedi risultano più vulnerabili a causa dell’insufficiente irrorazione di tutte le strutture del piede.
Lesioni e ulcere
“In entrambi i casi -spiega l’esperto- il piede va incontro a lesioni che possono infettarsi e portare a seri problemi. A seconda della entità della neuropatia e o della vasculopatia è possibile definire un rischio ulcerativo nei singoli pazienti diabetici. E’ infatti fondamentale essere a conoscenza del proprio rischio ulcerativo per mettere in atto tutti i provvedimenti necessari ad evitare che compaiano le ulcere”. Non solo, un altro punto fondamentale è la tempestività della diagnosi: “Mai sottovalutare una lesione. Se nel giro di un paio di settimane non si risolvono è opportuno rivolgersi allo specialista” afferma Uccioli.
Quanto alle terapie gli interventi si differenziano in base all’origine del disturbo. In caso di neuropatia la lesione necessità di un periodo di scarico e riposo. Meno viene sollecitato il piede è meglio è. “In questi casi è possibile usare un gambaletto gessato per evitare il carico sul piede o comunque dei tutori e delle scarpe adeguate” spiega l’esperto. Nel caso invece della vasculopatia, oltre a trattare la lesione, occorre agire alla radice del problema attraverso il ripristino della circolazione sanguigna. “In queste situazioni -aggiunge l’esperto- si procede attraverso un trattamento endovasolare, come il palloncino utilizzato negli infarti, per ripristinare il flusso sanguigno”.
Ma buone notizie giungono anche sul fronte del trattamento delle infezioni associate al piede diabetico. Da qualche tempo infatti è possibile ridurre carica batterica responsabile dell’infezione attraverso la fototerapia. Questo approccio consiste nell’applicazione di un gel che, opportunamente attivato mediante un fascio di luce, porta alla formazione di una specie reattiva di ossigeno in grado di contrastare la crescita batterica. “Un’arma in più per ridurre la presenza dei microrganismi e aiutare il tessuto a rigenerarsi” conclude Uccioli.