ROMA - L'elemento decisivo per la riuscita del primo trapianto di fegato in Italia da un donatore a cuore fermo è stata la procedura di assistenza, riperfusione (ovvero il ripristino del flusso sanguigno) ed ossigenazione dell'organo dopo l'accertamento di morte, che hanno consentito di contenere il danno, preservando la condizione e la buona funzionalità dell'organo stesso. A spiegarlo è il Centro nazionale trapianti (Cnt) in merito all'intervento eccezionale eseguito all'ospedale Niguarda di Milano, d'intesa col San Matteo di Pavia, che apre la strada all'auspicato aumento dei trapianti ed alla riduzione delle liste di attesa per i trapianti, affiancando il nostro agli altri Paesi europei.
Il prelievo e il trapianto di organi dopo arresto cardiaco, in passato, chiarisce il Cnt, è stato considerato di difficile fattibilità in Italia a causa della lunghezza del periodo di accertamento della morte richiesto dalla legge italiana, che è di 20 minuti, mentre negli altri Paesi dell'Unione è ridotto in una forbice tra i 5 e i 10 minuti. Un periodo così prolungato di assenza di attività cardiaca rilevata attraverso l'elettrocardiogramma, di regola, potrebbe danneggiare irreversibilmente gli organi da trapiantare. In Italia, però, diverse equipe mediche hanno avviato procedure che hanno consentito di trapiantare con successo organi prelevati da donatore a cuore fermo restando all'interno dei vincoli imposti dalla legge.
L'esperienza del prelievo di organi a cuore fermo è iniziata in Italia nel 2008, a Pavia, e ad oggi viene effettuata anche presso le rianimazioni di Torino e di Monza. I primi trapianti in Italia con questa tecnica, effettuati a Pavia e a Milano, sono stati di rene. A Monza, poi, è stato eseguito un prelievo di polmoni, da donatore a cuore fermo, trapiantati poi presso il Policlinico di Milano. Con l'intervento del Niguarda, rileva il Cnt, "possiamo estendere anche al fegato la possibilità di prelievo a cuore fermo: in tutti questi casi, l'elemento decisivo per la riuscita è stato appunto la procedura di riperfusione ed ossigenazione degli organi dopo l'accertamento di morte, che hanno consentito di limitare il danno ischemico". Di fatto, all'organo da trapiantare, quando il cuore non pompa più, viene assicurata la 'linfa' attraverso la circolazione extracorporea garantita con la tecnologia dell'Ecmo.
L'impiego di queste tecniche e i risultati ottenuti, ad oggi, afferma il Cnt, "permettono al nostro Paese di affiancarsi agli altri paesi Ue: un risultato significativo per la rete trapiantologica italiana e un nuovo impulso per gli operatori ad aumentare il numero di donatori con accertamento di morte con criteri cardiaci al fine di aumentare i trapianti e ridurre i tempi di attesa in lista".
Il prelievo e il trapianto di organi dopo arresto cardiaco, in passato, chiarisce il Cnt, è stato considerato di difficile fattibilità in Italia a causa della lunghezza del periodo di accertamento della morte richiesto dalla legge italiana, che è di 20 minuti, mentre negli altri Paesi dell'Unione è ridotto in una forbice tra i 5 e i 10 minuti. Un periodo così prolungato di assenza di attività cardiaca rilevata attraverso l'elettrocardiogramma, di regola, potrebbe danneggiare irreversibilmente gli organi da trapiantare. In Italia, però, diverse equipe mediche hanno avviato procedure che hanno consentito di trapiantare con successo organi prelevati da donatore a cuore fermo restando all'interno dei vincoli imposti dalla legge.
L'esperienza del prelievo di organi a cuore fermo è iniziata in Italia nel 2008, a Pavia, e ad oggi viene effettuata anche presso le rianimazioni di Torino e di Monza. I primi trapianti in Italia con questa tecnica, effettuati a Pavia e a Milano, sono stati di rene. A Monza, poi, è stato eseguito un prelievo di polmoni, da donatore a cuore fermo, trapiantati poi presso il Policlinico di Milano. Con l'intervento del Niguarda, rileva il Cnt, "possiamo estendere anche al fegato la possibilità di prelievo a cuore fermo: in tutti questi casi, l'elemento decisivo per la riuscita è stato appunto la procedura di riperfusione ed ossigenazione degli organi dopo l'accertamento di morte, che hanno consentito di limitare il danno ischemico". Di fatto, all'organo da trapiantare, quando il cuore non pompa più, viene assicurata la 'linfa' attraverso la circolazione extracorporea garantita con la tecnologia dell'Ecmo.
L'impiego di queste tecniche e i risultati ottenuti, ad oggi, afferma il Cnt, "permettono al nostro Paese di affiancarsi agli altri paesi Ue: un risultato significativo per la rete trapiantologica italiana e un nuovo impulso per gli operatori ad aumentare il numero di donatori con accertamento di morte con criteri cardiaci al fine di aumentare i trapianti e ridurre i tempi di attesa in lista".