VIENNA - Percentuali di guarigione vicine al 90%, pochi effetti collaterali e formulazioni più comode da assumere. Sono queste le caratteristiche dei nuovi cocktail "salva-fegato" che saranno presentati da oggi e fino a domenica al Congresso internazionale sul fegato che ha riunito a Vienna circa 11mila specialisti da tutto il mondo. Più di 20.000 persone muoiono ogni anno per malattie croniche del fegato (due persone ogni ora) e, nel 65% dei casi, l'epatite C risulta causa unica o concausa dei danni epatici. In Italia, che è il paese dell'Europa occidentale con il maggior numero di persone affette da epatite C, si stima che siano malate circa un milione di persone.
Efficacia sicura. Il dato più eclatante sottolineato dagli esperti è quello relativo all'efficacia delle nuove terapie per l'epatite C: da appena il 5% di guarigioni che si ottenevano vent'anni fa si è arrivati oggi al 90%. "Un tempo si usava l'interferone tre volte a settimana con tutti i pesanti effetti collaterali che comportava e una percentuale di guarigione molto bassa" ha spiegato Nicola Caporaso, ordinario di Gastroenterologia presso l'Università Federico II di Napoli. "Poi è arrivata la combinazione interferone pegilato e ribavirina che ha fatto aumentare la percentuale al 50%. Ma oggi possiamo contare su molecole che in alcuni casi danno il 100% di guarigione, senza i pesanti effetti collaterali di una volta, con una maggiore facilità di assunzione e tempi di cura che vanno dai tre ai sei mesi" conclude l'esperto.
Cocktail salva-fegato. L'efficacia diventa ancora più importante per alcune categorie di pazienti considerate più difficili come quelli con insufficienza renale avanzata e in dialisi. Proprio a questi pazienti si riferiscono i dati di fase 2 e 3 dello studio C-Surfer che valuta l'efficacia della combinazione grazoprevir/elbasvir su questi soggetti particolarmente fragili. "I pazienti con insufficienza renale cronica e con infezione da virus dell'epatite C rappresentano una categoria molto peculiare perché da una parte l'infezione da Hcv può contribuire in modo più o meno esclusivo al danno renale, dall'altra un'insufficienza renale avanzata limita la possibilità di curare l'infezione da Hcv" dichiara Gloria Taliani, professore ordinario di Malattie infettive alla Sapienza Università di Roma. "La combinazione grazoprevir/elbasvir possiede un profilo farmacocinetico favorevole: meno dell'1% dei due farmaci viene escreto per via renale e la loro farmacocinetica non è modificata in maniera sostanziale in soggetti con malattia renale avanzata per la quale è richiesta la dialisi, rispetto a quanto si osserva nei soggetti con normale funzione renale".
Uno dei risultati più interessanti presentati al Congresso è rappresentato dalla percentuale di eradicazione di Hcv che la combinazione grazoprevir/elbasvir ha permesso di raggiungere nei pazienti con insufficienza renale. "Questa combinazione ha assicurato un profilo di sicurezza e tollerabilità del tutto simile a quello del paziente con normale funzione renale: una percentuale di risposta antivirale completa del 93,4%" conclude l'esperta. La percentuale di risposta antivirale arriva addirittura al 99% nella popolazione di pazienti preselezionata per l'analisi dei dati di efficacia.
Nuove soluzioni già disponibili. Alcuni dei nuovi "cocktail" sono già disponibili. "Daclatasvir, la combinazione ledipasvir-sofosbuvir e il regime che mette insieme ombitasvir/paritaprevir/ritonavir con dasabuvir hanno già ottenuto l'approvazione dell'Aifa e hanno ampiamente dimostrato una buona efficacia" ha detto Caporaso al Congresso. Il problema resta quello dei costi che sono ancora alti e che limitano l'accesso.
Alghe e cardo mariano. Ma gli esperti riuniti a Vienna guardano anche alla natura per "scovare" nuove soluzioni per le malattie del fegato. La silimarina, una sostanza derivata dal cardo mariano, si è dimostrata, infatti, efficace nel trattamento delle epatiti non alcoliche, una patologia associata all'accumulo di grasso nel fegato, in assenza di un significativo consumo di alcol (meno di 2 bicchieri/al giorno). A dimostrarlo è un piccolo studio in doppio cieco condotto su 64 pazienti di cui 30 trattati con 700 mg per tre volte al giorno di silimarina e 34 con placebo condotto presso l'Università di Kuala Lumpur. "Le proprietà anti-ossidanti, anti-infiammatorie e anti-fibrotiche di questa sostanza vegetale non solo hanno una forte attività protettiva sul fegato ma si sono rivelate utili nel trattamento delle steatoepatiti non alcoliche" spiegano gli autori dello studio.
I risultati hanno dimostrato che dopo 48 settimane di trattamento una percentuale statisticamente significativa dei pazienti trattati con silimarina ha ottenuto una guarigione e anche una diminuzione della fase fibrotica. Anche dal mare arriva un aiuto: uno studio ha dimostrato che il pane arricchito con alginati è in grado di ridurre di oltre il 31% la digestione e l'assorbimento dei grassi nei pazienti con le epatiti non alcoliche. Gli alginati sono dei polisaccaridi estratti dalle alghe brune che non sono digeribili nel tratto gastrointestinale superiore. "Alcuni alginati sono capaci di inibire l'attività della lipasi pancreatica riducendo così la digestione e l'assorbimento dei grassi" hanno spiegato i ricercatori dello Human Nutrition Research Centre che hanno condotto lo studio.
Peperoncino anti-fibrotico. Anche la capsaicina, il principio attivo del peperoncino, può avere un effetto protettivo sul fegato. Nella ricerca, condotta sui topi dai ricercatori del Liver Cell Biology Laboratory della Vrije Universiteit di Bruxelles, la capsaicina ha ridotto l'attività delle cellule stellate del fegato, coinvolte nella formazione della fibrosi epatica che si manifesta in risposta a un danno di questo organo. "Lo studio - spiega il gruppo di Shanna Bitencourt - ha dimostrato che la capsaicina in un caso ha migliorato il danno negli animali e bloccato la progressione delle lesioni, mentre nell'altro caso ha protetto il fegato dallo sviluppo di danni".
Efficacia sicura. Il dato più eclatante sottolineato dagli esperti è quello relativo all'efficacia delle nuove terapie per l'epatite C: da appena il 5% di guarigioni che si ottenevano vent'anni fa si è arrivati oggi al 90%. "Un tempo si usava l'interferone tre volte a settimana con tutti i pesanti effetti collaterali che comportava e una percentuale di guarigione molto bassa" ha spiegato Nicola Caporaso, ordinario di Gastroenterologia presso l'Università Federico II di Napoli. "Poi è arrivata la combinazione interferone pegilato e ribavirina che ha fatto aumentare la percentuale al 50%. Ma oggi possiamo contare su molecole che in alcuni casi danno il 100% di guarigione, senza i pesanti effetti collaterali di una volta, con una maggiore facilità di assunzione e tempi di cura che vanno dai tre ai sei mesi" conclude l'esperto.
Cocktail salva-fegato. L'efficacia diventa ancora più importante per alcune categorie di pazienti considerate più difficili come quelli con insufficienza renale avanzata e in dialisi. Proprio a questi pazienti si riferiscono i dati di fase 2 e 3 dello studio C-Surfer che valuta l'efficacia della combinazione grazoprevir/elbasvir su questi soggetti particolarmente fragili. "I pazienti con insufficienza renale cronica e con infezione da virus dell'epatite C rappresentano una categoria molto peculiare perché da una parte l'infezione da Hcv può contribuire in modo più o meno esclusivo al danno renale, dall'altra un'insufficienza renale avanzata limita la possibilità di curare l'infezione da Hcv" dichiara Gloria Taliani, professore ordinario di Malattie infettive alla Sapienza Università di Roma. "La combinazione grazoprevir/elbasvir possiede un profilo farmacocinetico favorevole: meno dell'1% dei due farmaci viene escreto per via renale e la loro farmacocinetica non è modificata in maniera sostanziale in soggetti con malattia renale avanzata per la quale è richiesta la dialisi, rispetto a quanto si osserva nei soggetti con normale funzione renale".
Uno dei risultati più interessanti presentati al Congresso è rappresentato dalla percentuale di eradicazione di Hcv che la combinazione grazoprevir/elbasvir ha permesso di raggiungere nei pazienti con insufficienza renale. "Questa combinazione ha assicurato un profilo di sicurezza e tollerabilità del tutto simile a quello del paziente con normale funzione renale: una percentuale di risposta antivirale completa del 93,4%" conclude l'esperta. La percentuale di risposta antivirale arriva addirittura al 99% nella popolazione di pazienti preselezionata per l'analisi dei dati di efficacia.
Nuove soluzioni già disponibili. Alcuni dei nuovi "cocktail" sono già disponibili. "Daclatasvir, la combinazione ledipasvir-sofosbuvir e il regime che mette insieme ombitasvir/paritaprevir/ritonavir con dasabuvir hanno già ottenuto l'approvazione dell'Aifa e hanno ampiamente dimostrato una buona efficacia" ha detto Caporaso al Congresso. Il problema resta quello dei costi che sono ancora alti e che limitano l'accesso.
Alghe e cardo mariano. Ma gli esperti riuniti a Vienna guardano anche alla natura per "scovare" nuove soluzioni per le malattie del fegato. La silimarina, una sostanza derivata dal cardo mariano, si è dimostrata, infatti, efficace nel trattamento delle epatiti non alcoliche, una patologia associata all'accumulo di grasso nel fegato, in assenza di un significativo consumo di alcol (meno di 2 bicchieri/al giorno). A dimostrarlo è un piccolo studio in doppio cieco condotto su 64 pazienti di cui 30 trattati con 700 mg per tre volte al giorno di silimarina e 34 con placebo condotto presso l'Università di Kuala Lumpur. "Le proprietà anti-ossidanti, anti-infiammatorie e anti-fibrotiche di questa sostanza vegetale non solo hanno una forte attività protettiva sul fegato ma si sono rivelate utili nel trattamento delle steatoepatiti non alcoliche" spiegano gli autori dello studio.
I risultati hanno dimostrato che dopo 48 settimane di trattamento una percentuale statisticamente significativa dei pazienti trattati con silimarina ha ottenuto una guarigione e anche una diminuzione della fase fibrotica. Anche dal mare arriva un aiuto: uno studio ha dimostrato che il pane arricchito con alginati è in grado di ridurre di oltre il 31% la digestione e l'assorbimento dei grassi nei pazienti con le epatiti non alcoliche. Gli alginati sono dei polisaccaridi estratti dalle alghe brune che non sono digeribili nel tratto gastrointestinale superiore. "Alcuni alginati sono capaci di inibire l'attività della lipasi pancreatica riducendo così la digestione e l'assorbimento dei grassi" hanno spiegato i ricercatori dello Human Nutrition Research Centre che hanno condotto lo studio.
Peperoncino anti-fibrotico. Anche la capsaicina, il principio attivo del peperoncino, può avere un effetto protettivo sul fegato. Nella ricerca, condotta sui topi dai ricercatori del Liver Cell Biology Laboratory della Vrije Universiteit di Bruxelles, la capsaicina ha ridotto l'attività delle cellule stellate del fegato, coinvolte nella formazione della fibrosi epatica che si manifesta in risposta a un danno di questo organo. "Lo studio - spiega il gruppo di Shanna Bitencourt - ha dimostrato che la capsaicina in un caso ha migliorato il danno negli animali e bloccato la progressione delle lesioni, mentre nell'altro caso ha protetto il fegato dallo sviluppo di danni".