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Morti di Covid a Bergamo per il gene Neanderthal, Crisanti non fa sconti: «Manipolazione scientifica»

Lo scienziato, ora senatore del Pd, critica aspramente la ricerca dell’Istituto Negri: «È una vergogna: quel gene è presente in tutto il mondo, non solo a Bergamo»

Enrico Ferro
2 minuti di lettura
Andrea Crisanti 

I geni ereditati dall’antenato uomo di Neanderthal decisivi nel determinare la strage a Bergamo e nella Val Seriana durante la pandemia.

Uno studio dell’Istituto Mario Negri getta una nuova luce sulle cause dell’alto tasso di mortalità registrato in quelle zone, attribuendo un peso decisivo proprio alla predisposizione genetica della popolazione. Un passo avanti importante nelle conoscenze scientifiche sul Covid.

Ma non tutto il mondo scientifico è d’accordo con la ricerca pubblicata sulla rivista scientifica iScience.

Andrea Crisanti, scienziato giunto a Padova dall’Imperial College di Londra e ora senatore del Pd, come di consueto non usa giri di parole. «Mai visto una cosa così vergognosa: una manipolazione scientifica senza precedenti».

Perché? Cosa intende dire?

«Il gene di Neanderthal non è un gene presente a Bergamo e basta, c’è in tutta la popolazione. Il disastro della Val Seriana è tutto in capo all’azione umana. Ritengo sia vergognoso usare questo risultato scientifico per manipolare la verità».

Sta dicendo che quella ricerca restituisce un risultato non vero?

«È la variante di un gene che aumenta la suscettibilità all’infezione in modo grave. Ma è presente in tutto il mondo. E comunque credo che il 2% del patrimonio genetico derivi da Neanderthal. Ma ripeto: stiamo parlando della variante di un gene».

Dunque che spiegazione si è dato?

«Credo siano in malafede e che questo sia un caso di condotta scientifica scorretta».

I suoi colleghi scienziati sarebbero stati scorretti?

«Nel lavoro scientifico hanno detto che il gene era più presente nei pazienti gravi, ma non che l’epidemia di Bergamo era dovuta a questo. Solo dei pazzi potrebbero pensarla così» .

Però anche il Tribunale di Bergamo ha respinto la sua tesi accusatoria sulle responsabilità per la proliferazione del virus nella Bergamasca.

«Il tribunale ha stabilito che non è procedibile dal punto di vista tecnico. Il fatto che un errore non sia un reato, non significa che non sia stato fatto».

Una sentenza che giudica ingiusta sulla gestione delle prime fasi della pandemia, ora anche una ricerca che sempre lei giudica addirittura fuorviante. Ma quale sarebbe, secondo lei, il motivo di tutta questa azione?

«Io penso che ci sia un grande bisogno di rimozione. E una parte della politica asseconda questo bisogno».

Secondo lei, se dovesse piombare una nuova pandemia, saremmo pronti a fronteggiarla dopo la lezione imparata con il Covid?

«No, non siamo minimamente pronti. Non abbiamo imparato niente dalla pandemia: abbiamo buchi clamorosi sul sistema sanitario, esattamente come prima».

Forse però c’è tempo per correre ai ripari.

«In Italia, attualmente, c’è un fenomeno gravissimo passato sotto silenzio: casi di infezione di virus Dengue trasmessi da zanzara italiana. È successo nella zona di Lodi, è un’infezione tropicale, non è mai successo prima».

Perché passa sotto silenzio?

«Questo bisognerebbe chiederlo al ministro della Salute: invece di pubblicare 40 lavori all’anno si occupi delle emergenze».

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