“Le mucche di Chernobyl”, la lezione di convivenza, audacia e gentilezza nel nuovo romanzo di Ervas
Lo scrittore trevigiano parla ai bimbi nel nuovo lavoro: «Gli adulti leggano Vannacci, io mi rivolgo a una generazione meno superficiale»
Nicolò Menniti-Ippolito
Mentre sta scrivendo la decima avventura di Stucky, il personaggio che Giuseppe Battiston tra pochi mesi (si comincia a girare a dicembre) porterà in Rai in una serie televisiva ambientata tutta nel Nordest (da Treviso a Possagno, da Mestre alla Dalmazia), Fulvio Ervas è arrivato da pochi giorni in libreria con un romanzo breve che torna sui temi a lui cari.
Ecologista convinto
Ervas è da sempre un ecologista convinto, vuoi per formazione, vuoi per mestiere, vuoi per passione. E se – lateralmente ma non troppo – il tema della salvaguardia dell’ambiente compare in tutti i suoi libri è in quelli per ragazzi che il tema diventa protagonista assoluto.
Lo era in “Il convegno dei ragazzi che salvano il mondo”, lo è forse ancora di più in questo “Le mucche di Chernobyl” (Marcos y Marcos, p. 168, 12 euro).
«Il libro», racconta lo scrittore trevigiano col consueto entusiasmo, «è in qualche modo un omaggio a mio nipote, che ha 8 anni ed è un ambientalista convinto. Sono un nonno che vuole dimostrare che sta da una parte e non dall’altra». E per farlo racconta un apologo che parte dalla realtà. «Lo spunto iniziale», dice, «viene dalla guerra in Ucraina, perché spesso ci dimentichiamo che 36 anni fa proprio lì è avvenuto l’incidente di Chernobyl, che rimane un esempio della stupidità umana e degli errori giganteschi che può generare. Oggi come allora l’Ucraina a causa della guerra è un luogo diventato insicuro: sta generando un disastro ambientale che avrà ripercussioni per generazioni, proprio come Chernobyl».
Strane mutazioni
E, come è noto, dopo il disastro di Chernobyl si sono avute mutazioni genetiche, in piante e animali. «Ho immaginato», racconta ancora Fulvio Ervas, «mutazioni strane, per cui cose umane sono passate agli animali, e anche tra gli animali sono avvenuti passaggi: i denti della volpe alle galline, le ciabatte degli uomini alle mucche. Gli animali sono costretti da un errore umano a scappare dai loro luoghi di vita, si rifugiano in una casa abbandonata, la trovano in qualche modo confortevole e pur diversi tra loro imparano a convivere».

Perché la convivenza è il tema forte di questo libro. «Abbiamo molto da imparare dagli animali», continua lo scrittore, «perché tra un cervo e le formiche c’è un abisso evolutivo, ma mentre noi facciamo le guerre e affondiamo i migranti, alimentando la competizione e il conflitto, gli animali ci dicono che volendo si può convivere, perché la simbiosi, lo dimentichiamo sempre, è la principale forma di convivenza tra i viventi».
Da disastro a opportunità
Così gli animali di Chernobyl sopravvivono al disastro nucleare, lo trasformano in una nuova occasione di vita e in questo coinvolgono anche un ragazzino.
«Sì», dice Ervas, «incappano in un ragazzino che è un po’ il simbolo dei bambini ucraini sbattuti oggi da una parte all’altra, in alcuni casi rapiti dai russi, una cosa tremenda. Questo ragazzino ha un potere, che è quello di leggere i numeri, di fare previsioni e questo è un altro tema del libro: l’idea che bisogna prevedere nella vita, perché altrimenti “caschi nei busi”. Tra il ragazzino e gli animali si crea una alleanza tra diversi che è la loro salvezza».
Sono animali strambi quelli creati da Ervas, che inverte il canone della mostruosità: «La mostruosità sta negli occhi di chi guarda», dice, «non certo in questi animali che si adattano a una situazione di cui sono vittime. Non ho messo cani e gatti, perché sono animali troppo legati all’uomo. Ho voluto invece inserire gli insetti, perché con loro abbiamo un rapporto complesso e, invece, sono interessantissimi, avremmo molto da imparare da loro. Se facessimo la fotocopia del manuale di gestione di un formicaio e lo usassimo per gestire i nostri comuni avremmo risolto i nove decimi dei nostri problemi».
Le virtù del capo
E a guidare il gruppo è un curioso cervo con le ali. «È l’emblema della forza», dice Ervas, «ma anche della lungimiranza della capacità di modificarsi. Perché per un cervo le ali sono una cosa tremenda: è troppo pesante per volare e si dispera, ma poi ci prova e ci prova finché ci riesce. Diventa il capo riconosciuto perché è forte, gentile e audace, tutte virtù positive. Un po’ di audacia gentile farebbe bene a tutti».
In particolare serve ai ragazzi cui Ervas si rivolge: «Gli adulti leggano pure Vannacci, io mi rivolgo a una generazione meno superficiale. Per fortuna i ragazzi sono diversi, i ragazzini di nove, dieci, undici anni sono ambientalisti in modo spontaneo non ideologico. Poi crescendo con gli adulti finiscono vittime dei messaggi negativi. Ma da piccoli il rispetto per gli animali è immediato per almeno il 90% di loro. Sono questi i cuori a cui voglio parlare».
Per dire una cosa semplice in fondo: «Il prendersi cura di ciò che è vivente è importante perché ci conviene. Questi sono messaggi che dobbiamo mandare altrimenti a cosa serve scrivere».
I commenti dei lettori