Il giallo del Piave: una lite degenerata in omicidio, il killer di Anica aiutato da complici
Gli investigatori non escludono che la donna conoscesse il suo assassino. L’omicida era disarmato e non voleva uccidere
Marco Filippi
Una lite degenerata in omicidio. È la pista che gli investigatori stanno seguendo per risolvere il giallo della morte di Anica Panfile, la cuoca 31enne rumena che viveva con madre, compagno e quattro figli piccoli in una casa popolare di via Ronchese a Treviso.
Lite degenerata in omicidio
La donna, scomparsa alle 14 di giovedì pomeriggio, dopo essere stata ad Arcade per ritirare il Cud dal suo ex datore di lavoro, Franco Battaggia, titolare della pescheria “Tiburon” di Spresiano, con ogni probabilità è stata uccisa durante una discussione, forse con qualcuno che conosceva. Chi l’ha ammazzata è stato sopraffatto da un’improvvisa rabbia, al culmine di una lite. Non aveva programmato l’omicidio. Per questo ha infierito sul volto e sulla nuca di Anica con un oggetto contundente che aveva a portata di mano. Un bastone oppure una spranga di ferro. Poi, quando s’è accorto che la cuoca rumena non dava più segni di vita, ha nascosto il cadavere.
La pista dei “complici”
Come poi è finito il corpo di Anica nel Piave? È tramontata l’ipotesi che sia stato gettato dal cavalcavia autostradale dell’A27 che si trova un chilometro a nord dell’ansa dove è stato ritrovato. Il corpo non presenta fratture da caduta dall’alto. Spunta l’ipotesi che l’assassino possa averlo trasportato con l’aiuto di qualcuno. L’assassino si è spinto in auto il più vicino possibile al Piave e poi, a mano, con l’aiuto di qualcuno, l’ha gettato in acqua.
I carabinieri continuano a lavorare per cercare di dare un volto e un nome all’assassino della giovane cuoca rumena.
La vita di anica al setaccio
Scandagliano la vita della vittima, passano a setaccio i tabulati telefonici e vanno a caccia di immagini di videosorveglianza, pubblica a privata che possano magari aver immortalato Anica assieme al suo assassino. Le hanno chieste anche al titolare del negozio “Arcade Bike” di via Trieste, dove un testimone l’ha vista verso le 16.30 di giovedì. È l’ultima testimonianza in mano agli investigatori che parla di Anica ancora in vita. Ma, purtroppo, le telecamere del negozio sono solo interne e si attivano di sera quando il negozio è chiuso.
Nel frattempo gli investigatori hanno sentito tutte le persone che potevano essere d’aiuto nel ricostruire i contorni della vita della cuoca 31enne e soprattutto gli ultimi giorni prima della sua scomparsa. È stato sentito il compagno Luigi De Biase, che per primo aveva dato l’allarme della scomparsa della cuoca. I responsabili del centro cottura Ract di Santa Bona, dove lavorava di mattina.
Sentito l’ex datore di lavoro
E, soprattutto, Franco Battaggia, l’ex datore di lavoro, titolare del Tiburon di Spresiano, dove Anica per un periodo aveva lavorato. Battaggia è un testimone importante perché Anica era andata appositamente da lui ad Arcade per ritirare il Cud. L’ultimo conoscente ad averla vista in vita.
Sotto choc, davanti alla sua casa di Arcade, il “Re del Pesce”, con alle spalle l’omicidio di un Rom che lo aveva taglieggiato, per il quale ha trascorso 21 anni in galera, ha detto di essere molto scosso per la morte della sua dipendente. Anche lui, che è già stato sentito dai carabinieri, potrebbe aver fornito utili dettagli per chiarire il giallo della morte di Anica.
Il giallo dei vestiti
Nel frattempo la procura conferma di aver aperto il fascicolo con l’ipotesi di accusa di omicidio volontario. L’esito dell’autopsia, effettuata lunedì pomeriggio dall’anatomopatologo Antonello Cirnelli, lascia poco spazio a dubbi. Quello che sembrava un iniziale suicidio, suffragato da qualche breve scomparsa da casa, in passato, della cuoca rumena, si è trasformato in omicidio. Sul corpo non sono state trovate le classiche tracce da annegamento. Nei polmoni non c’era acqua e nella bocca non c’era il “fungo schiumoso” che si riscontra su chi annega. Decisive per la morte di Anica sono stati i colpi inferti al volto e alla nuca.
L’autopsia ha stabilito che la cuoca è stata uccisa lo stesso giorno della sua scomparsa. Si restringe ad una manciata di ore, il “buco nero” della scomparsa di Anica. Ed è lì che si stanno concentrando le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo.
Resta in piedi anche un piccolo giallo. Nella denuncia di scomparsa, era stato detto che Anica era partita da Treviso alla volta di Arcade vestita con una felpa grigia. Ma quando è stata ritrovata aveva un maglione rosso. L’assassino potrebbe aver cambiato il maglione per timore di aver lasciato tracce di sè sulla felpa di Anica?
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