Il dramma del compagno di Anica: «Me l’hanno uccisa. Quel giorno doveva incontrare una persona per un vecchio lavoro»
La ricostruzione fatta da Luigino De Biasi delle ultime ore della 31enne trovata morta: «Ho chiamato i carabinieri poche ore dopo la scomparsa». «Suicidio? Impossibile, amava la vita e i suoi bambini»
Lorenza Raffaello
Anica Panfile con i figli
«L’hanno ammazzata. Nel mio cuore ho sempre saputo che non poteva essersi tolta la vita. Sapevo che le era successo qualcosa di male. Che qualcuno le ha fatto del male». Luigino De Biasi ha gli occhi pieni di lacrime, è un uomo affranto dal dolore, mentre parla si regge sul corrimano delle scale del palazzo di via Ronchese a Treviso dove viveva con Anica, la sua compagna da un paio d’anni, trovata senza vita sul greto del Piave a Spresiano.
Ha il volto segnato dagli effetti della disperazione e dell’insonnia, indossa una t-shirt verde e dei pantaloni comodi e con voce misurata e laconica comincia a ricostruire le ultime ore di vita della sua compagna.
Le ultime ore
«Giovedì mattina Anica era di turno, come sempre, al centro cottura dell’Israa di Santa Bona, il turno finiva alle 14.12, poi tempo di cambiarsi, smettere gli abiti di lavoro per indossare quelli per uscire e sarebbe dovuta tornare a casa a piedi per poi andare a incontrare una persona per sistemare una questione professionale, niente di problematico, solo qualcosa di attinente a un lavoro che aveva svolto precedentemente» continua Luigino, «C’eravamo sentiti poco prima che uscisse, avevamo fatto una videochiamata. Mi sembrava serena, come sempre. Era contenta di lavorare in quel posto. Mi ha detto che sarebbe tornata presto e io ho allora ho cominciato a prepararle il pranzo».
Messaggi al vaglio
Dalla ricostruzione del compagno sembrerebbe che Anica avesse dovuto fare tappa a casa. La casa di riposo e la sua abitazione, in linea d’aria, distano poche centinaia di metri. «Non avendola vista tornare, le ho anche chiesto ironicamente se si era persa, a noi piaceva scherzare!». Invece dalle 14.12 di giovedì 18 maggio, Luigino non parlerà più con la donna.
Eppure secondo quanto mostrava il suo telefonino, Anica ha continuato a visualizzare i messaggi almeno fino alle 16. «Intorno alle quattro del pomeriggio l’ho chiamata e il telefono era spento. In quel momento mi sono preoccupato e un pensiero terribile mi è balenato per la testa: di sicuro le era successo qualcosa di brutto. Lei non spegneva mai il telefono».
Da allora, l’uomo tenta e ritenta di parlare con Anica, la chiama in continuazione, in maniera sempre più disperata. Luigino non sentirà più la voce di Anica. Mai più.
Dopo essersi recato dai carabinieri per fare denuncia di scomparsa, dettagliando le ultime ore della donna e lasciando alle forze dell’ordine il suo telefono cellulare, Luigino torna a casa dai bambini, di comune accordo con la nonna, che vive con loro, e decide di raccontare ai piccoli quello che era capitato in quelle ore.
Cosa che ha fatto anche domenica, quando un pescatore ha rinvenuto il corpo senza vita della trentunenne di origine romena. «Abbiamo messo subito tutti al corrente di quello che stava succedendo anche del ritrovamento di Anica. Non vogliamo che ci siano segreti. Come stanno i bambini? Sono provati, ma nonostante tutto, sembrano così forti davanti a una tale tragedia. Probabilmente ora interverrà il tribunale dei minori e deciderà a chi saranno affidati. La loro mamma per loro era tutto».
«Suicidio? lo escludo»
Luigino non ha mai pensato che Anica si fosse tolta la vita. «Anica amava la vita, ma soprattutto amava i suoi figli, viveva per loro, in funzione loro. Come sarebbe stato possibile un suo gesto estremo? No, in cuore mio sapevo che le era capitato qualcosa di brutto. Non ha senso ora fare congetture, pensieri o accuse. Ci sono delle indagini in corso e confido che presto ci diranno cosa è veramente accaduto a Anica. Non mi rimane che aspettare. Questa situazione mi sta distruggendo. Oltre al dolore della perdita anche il fatto di non sapere come ha vissuto le sue ultime ore di vita. Ho perso otto chili in questa settimana. È un dolore che non avrei mai pensato di dover sopportare».
Nel vano scale dell’edificio di via Ronchese giovedì mattina c’era un viavai continuo di gente. Quando passano i vicini si fermano per un abbraccio, una stretta di mano, una parola gentile. Il caposcala del condomino attiguo ha consegnato a Luigino una busta contenente un contributo economico da riservare ai bambini per le prime spese che dovranno affrontare senza la loro mamma. Gli occhi dell’uomo si sono riempiti nuovamente di lacrime.
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