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Riforma fiscale, in Veneto uno su tre pagherà più tasse: «Favoriti solamente i redditi alti»

Simulazione del Caf Cgil sulle nuove aliquote Irpef: nessun vantaggio sotto i 15 mila euro all’anno, rincaro tra 15 e 19 mila

Fabio Poloni
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

Una manifestazione contro l'aumento dei prezzi e la riforma delle aliquote

 

Avvantaggia solo i redditi alti. La Cgil analizza e “smaschera” il progetto di riforma fiscale del Governo, calcolandone l’impatto sulle tasche dei trevigiani.

Riassunto: nessun miglioramento per la fascia più povera, sotto i 15 mila euro l’anno, e addirittura peggioramento – o vantaggi limitati, ma che rischiano di azzerarsi in caso di contemporanea revisione delle detrazioni – per chi guadagna dai 15 ai 29 mila euro, un’amplissima platea di chi ha mediamente uno stipendio compreso tra 1.100 e 1.700 euro netti al mese.

I numeri

L’ipotesi di riforma fiscale presentata dal governo prevede, sul fronte dell’Irpef, una riduzione della progressività fiscale a vantaggio dei redditi più alti. «Abbiamo verificato le ricadute – spiega Lisa Contegiacomo, componente del Cda Caf Veneto Cgil – questa riforma, senza cambiamenti, toglierà ai poveri per dare ai ricchi».

Per fare un’esempio. Nella fascia di reddito sotto i 15 mila euro nella provincia di Treviso ci sono 5.131 lavoratori uomini (pari al 15% del totale) e 17.468 lavoratrici (49% del totale). Complessivamente, dunque, 22.599 persone – 32,1% del totale – che dalla riforma non avranno alcun beneficio.

Nella fascia di reddito compresa fra 15 e 50 mila euro, invece, i lavoratori trevigiani uomini sono la grande maggioranza (28.817, pari all’82% del totale, con un reddito medio di 25.517 euro), le lavoratrici 17.481 (una su due, reddito medio che scende però a 17.481 euro). In questa macro-fascia di reddito, chi si colloca nell’intervallo di reddito tra 15 mila e 29 mila euro rappresenta circa un terzo dei lavoratori totali: per loro la riforma rischia di essere una beffa, con un aumento della pressione fiscale. Vediamo perché.

Le due ipotesi

Le due principali proposte messe sul tavolo dal Governo prevedono l’unione di due aliquote intermedie, ovvero il passaggio da un sistema a quattro aliquote (23%, 25%, 35% e 43%) a un sistema a tre. La prima ipotesi ne prevede tre così strutturate: 23%, 27-28% e 43%, la seconda invece al 23%, 33% e 43%.

La prima tabella

«Ma in entrambi i casi i maggiori beneficiari sarebbero i redditi più alti, sopra i 50 mila euro, che ogni anno metterebbero in tasca 1.500 euro netti», evidenzia la Cgil, «perché nella proposta di portare le aliquote a 23%, 28% e 43%, resta invariata l’Irpef di chi percepisce redditi fino a 15 mila euro lordi all’anno, mentre addirittura aumenta in chi percepisce tra i 15 mila e i 30 mila euro».

Lo si vede nella prima tabella, in alto, dove il vantaggio è negativo: si pagano dai 40 ai 240 euro di tasse in più.

Nella seconda opzione, invece, ci sarebbe una diminuzione dell’Irpef per tutti i redditi superiori ai 15 mila euro.

«Oltre a questa soglia ci sarebbero minimi aumenti (4-20 euro al mese) per chi sta tra i 15 mila e i 30 mila euro per poi crescere fino ai 700 euro all’anno dei redditi superiori ai 50 mila euro». Ma per coprire la manovra sarebbe necessario rivedere – riducendole – il meccanismo delle detrazioni. Risultato finale: entrambi i modelli sarebbero svantaggiosi per i redditi medio-bassi.

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