Api ingannate dal meteo pazzo: il caldo anomalo le ha risvegliate, ora il gelo rischia di ucciderle
L’allarme lanciato dagli 80 apicoltori dell’Opitergino-Mottense preoccupati per gli effetti del cambiamento climatico
gloria girardini
Stefano Dal Colle, presidente Apat, controlla le arnie
«Il caldo delle settimane scorse ha risvegliato le api». L’allarme parte dagli apicoltori dell’Opitergino-Mottense. Un inverno anomalo quello appena iniziato, le temperature sopra la media e le giornate di sole dei giorni scorsi, hanno risvegliato in anticipo di almeno due mesi le api presenti nel territorio.
Insetti che sono stati ingannati dalla finta primavera e che ora rischiano di essere duramente colpiti dal ritorno del freddo. Questo l’allarme dei circa 80 apicoltori del comprensorio dell’Opitergino-Mottense. Una vita dura quella della categoria che con grande passione affronta un mondo sempre più avverso nei confronti delle api, tra i trattamenti dell’agricoltura e l’insorgere della varroa, l’acaro parassita che porta alla morte le colonie di api.
«Un inverno non rigido inganna le api che si muovono alla ricerca di cibo, riducendo così il ciclo della loro vita», ha spiegato Stefano Dal Colle, presidente Apat, Federazione Apicoltori Italiani con sede nel Museo di Apicoltura di Oderzo. «Le api non vanno in letargo, ma nel periodo invernale si riposano», ha proseguito, «devono farlo per prepararsi alla frenetica attività primaverile ed estiva. Muovendosi di inverno fanno sforzi inutili, attualmente non trovano nulla fuori dall’arnia per trarre beneficio, né polline né nettare, ma è ancora troppo presto».
Anche le coltivazioni e le alberature sembrano essersi risvegliati precocemente come gli asparagi a San Nicolò di Ponte di Piave che hanno iniziato a spuntare con due mesi di anticipo. Il rischio è che gli alberi risvegliati producano fiori che moriranno con le prime gelate e che non saranno più presenti a primavera, riducendo la possibilità per le api di bottinare e con il rischio di un calo della produzione di miele annuale.
In media una singola ape visita circa 3mila fiori al giorno e ci vogliono quasi 2 milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. In teoria durante l’inverno un singolo alveare ospita 10-20 mila individui: con l’arrivo della primavera la popolazione inizia rapidamente a crescere e può visitare fino a 225 mila fiori al giorno, per arrivare in piena estate a contare fino a 90 mila api.
In un anno, la sola produzione di miele dell’alveare è di 20-30 chilogrammi, anche 40 se la stagione è buona e il territorio è favorevole. Con l’aumento della temperatura invernale i fiori degli alberi rischiano di fiorire per poi morire con la prima gelata, togliendo il fabbisogno degli insetti in primavera.
Ma non solo la popolazione presente nell’alveare nelle settimane calde è cresciuta, mettendo sotto stress l’ape regina. «Nel corso degli anni abbiamo notato che l’ape regina muore prima dei 4 anni, finché fa caldo e continua a deporre uova, un fattore di stress che riduce la sua aspettativa di vita. Anche le piante stesse hanno bisogno del loro ciclo del freddo per ripartire a primavera: se iniziano a sbocciare adesso è chiaro che quando arriva la gelata uccide tutto», ha concluso Dal Colle. «Noi interveniamo, nutrendole con sostanze zuccherine e proteiche. Ma non basta».
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