Mi chiamo Flavia, ho 25 anni e vengo da un paesino della Basilicata, dove mi sentivo chiusa in una scatola di cartone. A molti bastava passare il pomeriggio in piazza o nei bar a parlare (spesso delle vite degli altri) per stare bene, e quella strana ero io che non lo facevo. Ho sempre cantato, e alle feste di piazza piangevo perché volevo salire anche io sul palco. La mia famiglia mi ha sempre sostenuta per fortuna, e non li ringrazierò mai abbastanza per questo. Ci siamo messi in macchina e ho girato l'Italia facendo concorsi e presentando le canzoni che ho iniziato a scrivere verso gli undici anni. Le lezioni di canto erano una boccata d'aria fresca rispetto al resto della mia vita. A scuola non sono mai stata felice; molti insegnanti, soprattutto i primi anni, non mi capivano, per loro le mie più grandi passioni erano solo distrazioni e non avrei dovuto pensare ad altro se non a studiare.
Sbagliavano loro, perché è naturale e sano che una bambina/ragazzina abbia anche una vita, e sbagliavo io, che non studiando pensavo di fare dispetto a queste persone per cui provavo una profonda antipatia, e non un danno a me stessa.
Verso le scuole medie/superiori la situazione è migliorata con gli insegnanti, con i compagni no; avevo solo due o tre amiche, con cui mantengo il rapporto tuttora.
Per gli altri ero strana, non mi interessava la moda, i ragazzi, andare alle feste e bere, non guardavo i programmi che piacevano a loro, avevo l'ambizione di diventare una cantautrice. I miei compagni mal tolleravano i momenti in cui ero io al centro dell’attenzione, quando mi esibivo. Io, poi: la strana, la non bellissima (cosa che non mancavano mai di ricordarmi), l'emarginata, quella con una patologia visiva che le impedisce di guidare, essere totalmente autonoma, fare sport, disegnare.
Avevo trovato qualcosa che mi rendeva felice e stavo cercando di seguire la mia strada? Non potevano accettarlo, e ho subito per anni un subdolo bullismo psicologico; quando non ero a scuola, venivano riprodotti i video delle mie esibizioni, per deridermi. Oppure mi dicevano: «devi cantare alla mia festa dei diciotto anni!» per poi far esibire la sua migliore amica senza dirmi una parola, farmi provare parti da solista nel coro in chiesa per poi, il giorno di Natale, farle fare a qualcun altro, sempre senza dirmi nulla. Tentavano di farmi sentire in colpa perché «obbligavo i miei a girare l'Italia».
Ho accennato prima alla mia patologia visiva: sono affetta da degenerazione maculare congenita, per fortuna stabile da anni, ma per paure mie e dei miei non ho neanche provato a imparare ad andare in giro da sola ed essere più autonoma. Ero sola e mi attaccavo a persone molto più grandi di me.
Stavo bene solo quando cantavo, scrivevo le mie canzoni e le incidevo. A diciotto anni mi sono trasferita a Roma, e dopo la laurea triennale ho fatto sedere tutta la mia famiglia e ho detto: «adesso però vorrei provare davvero a fare quello che voglio». Così frequento un conservatorio parificato, lavoricchio, anche se mamma vorrebbe per me un posto fisso, e ho anche trovato l'amore, una persona che mi ama per come sono e non vuole cambiarmi, escludermi o reprimermi.
Ho seguito un corso di orientamento per ipovedenti e, sebbene non possa guidare, mi muovo da sola con i mezzi. Il giorno in cui ho fatto cinque fermate di autobus per andare a casa della mia migliore amica da sola, avrei voluto stappare una bottiglia di champagne.
Tutto sommato sto bene, ma il modo in cui sono stata trattata dagli altri per buona parte della mia vita mi ha lasciato profonde insicurezze, che si ripercuotono sui miei rapporti odierni. Per questo da più di un anno sono in terapia da una bravissima psicologa, con l'aiuto della quale sto cercando di scacciare i fantasmi di persone che mi ripetevano che se non ero esattamente uguale a loro non andavo bene. Ora ho amicizie sincere, che ringrazio dal profondo del cuore, perché hanno piacere di stare con Flavia. Cerco di seguire la legge di attrazione, di vedere in ogni cosa il lato positivo. Dopo quasi ogni momento di sofferenza ho scritto una canzone. È il caso di Versi di fiato, l'ultima che ho pubblicato su YouTube scritta durante il lockdown, vissuto malissimo a causa del mio pessimo rapporto con la solitudine, che ha il potere di far riaffiorare ogni mia ansia. Proprio ora, mentre finisco di scrivere, un raggio di sole è entrato dalla finestra. Sembrerà banale ma voglio prenderlo come un buon augurio, un segno che prima o poi riuscirò a realizzarmi e a capire che sono una persona degna di stima e amore.
Flavia
Cara Flavia
è arrivato il momento di lasciarti dolore e passato alle spalle. Hai fatto bene a raccontarmi quello che hai passato, come un esercizio catartico per liberarti dei tuoi fantasmi. Ma adesso guarda avanti e pensa solo a stare bene. Con la tua musica, il tuo fidanzato, gli amici intelligenti ed empatici che hai ammesso e ammetterai nella tua vita. Le note sono un potente balsamo per l’anima, come la tua storia dimostra e quindi canta, suona, condividi con il pubblico la tua arte. Oggi i palcoscenici sono tanti, non solo fisici, e questo da opportunità in più. Capisco tua madre che vorrebbe per te un posto fisso, ma da quello che mi hai raccontato oltre quello che dice per dovere di ruolo, mi pare che sappia benissimo cosa ti fa felice. Supportandoti sempre. Un grande dono, questo. Cerca le cose positive che sono nella tua vita e sotterra la stupidità e la cattiveria in cui sei inciampata fino a qui. Purtroppo il fenomeno del bullismo è diffuso, sempre di più e le responsabilità non sono solo della scuola ma anche dei genitori che non sanno educare al rispetto i loro figli, facendo un danno enorme al mondo.
Roberto Vecchioni ti può “consigliare” meglio di me con le sue note: «E ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte. Ma non è vero, ragazzo che la ragione sta sempre col più forte. Io conosco poeti che spostano i fiumi con il pensiero e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo. Chiudi gli occhi, ragazzo e credi solo a quel che vedi dentro».