Lo Shangai è il più semplice e gentile dei giochi, mi ha detto l’altro giorno Erri De Luca. Anche Erri, se lo incontraste in treno come uno sconosciuto, direste – ne sono certa – che è semplice e gentile. È vestito con l’essenziale, senza traccia di vanità, ha gli occhi limpidi e ridenti, la parola diretta. Ma l’apparenza inganna, quasi sempre. È gentile, non c’è dubbio. Semplice invece non direi affatto: conosco la storia della sua vita, porta tracce e ferite profonde.
Tornando allo Shangai: gentile, mi ha detto, perché è un gioco in cui puoi decidere di commettere un errore per favorire il giocatore successivo. Puoi sbagliare come gesto d’amore. Al contrario degli scacchi, che sono basati sulla memoria delle mosse e dunque degli errori altrui – gli scacchi procedono per accumulazione di informazioni, sono un gioco freddo e cattivo, mi sembra mi abbia detto – lo Shangai a ogni mano è un gioco nuovo, è sempre vergine, puoi essere una persona diversa ogni volta o la stessa non importa. È la mano che conta, la visione dei punti d’appoggio, l’osservazione dell’equilibrio. Parlavamo di questo perché avevo appena finito di leggere il suo ultimo libro, che si intitola Le regole dello Shangai (Feltrinelli) appunto, ed è una fiaba. Da qualche tempo non leggo che fiabe, come al principio del tempo. Ci sono una gitana e un eremita che si incontrano in una tenda nel bosco: lei sta scappando da un matrimonio combinato, da un padre che la cerca, lui non sappiamo. È anziano, nella vita è stato orologiaio. Solo questo, nelle conversazioni notturne, dice di sé. L’orologiaio è padrone del tempo, o almeno è in lotta con la polvere per decidere chi ne sia il padrone. La lotta con la polvere è la più epica delle battaglie. Silenziosa, infinita, forse inutile. Di certo, direi.
Anche in questa favola nulla è come sembra. Il vecchio e la ragazza non hanno fretta, sono calmi, pazienti, lucidi: sono abituati a riconoscere il passo degli animali e il suono del vento, sanno difendersi ma non li pensiamo capaci di aggredire. Dunque? Tutto qui? Due persone in fuga? Non proprio. Ogni frase apre una botola e dietro al fondo ce n’è un’altra e un’altra ancora, fino ad arrivare a vite che non avresti potuto immaginare, storie di governi e di spionaggio, di persone che si muovono come ingranaggi di una volontà più grande e oscura. Come tutti, del resto. La meraviglia è che in questa, che è una parabola sulla doppiezza, sulla sembianza e sulla capacità di dissimulare e rendersi invisibili, l’unico peccato imperdonabile è la menzogna. Il vecchio e la ragazza si lasciano, si ritrovano. Lui vorrebbe tenerla, forse. E come nello Shangai sbaglia la mossa apposta per darle modo di indovinare la successiva. Ma anche questo è un inganno. Fingersi goffi, inesperti, ingenui – senza esserlo. È un inganno, non importa quale fosse il fine: se quello di amarti, finalmente, per esempio. Le vite si separano. Passano decenni. Infine, per scritto, attraverso lettere, si affaccia poco a poco una dimensione nuova della storia. La verità, chiederete voi? Non potrei dirlo, non so.
CASAMATTA

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Concita De Gregorio: un gioco gentile. Lo Shangai, l'amore e la lotta contro il tempo
La favola di Erri De Luca in cui ogni frase apre una botola segreta. E nulla è come sembra
di Concita De Gregorio, Illustrazione di Rebecca Clarke