E' solo lavorando a questa collezione di Dior, dedicata agli anni Cinquanta, che Maria Grazia Chiuri ha preso coscienza di quanto fosse edulcorata la sua visione di quel periodo. "Ho capito che la mia idea dell'epoca è stata condizionata profondamente dal cinema di Hollywood. Quello con Doris Day, per capirci. Ma gli anni Cinquanta in Europa furono molto diversi, con le nazioni che uscivano dalla guerra in macerie; la Francia iniziava a rimettersi in piedi, e la moda, nel suo quotidiano, rifletteva tutto questo".
Per allontanare lo spettro zuccheroso e perfetto di Doris Day, la stilista ha perciò scelto tre icone di quel momento: Édith Piaf, la diva. Juliette Gréco, l'intellettuale, e Catherine Dior, la sorella più piccola del couturier. La sua musa prediletta, la sua prima modella, l'appassionata coltivatrice di fiori alla quale lui dedicò il profumo Miss Dior. Ma Catherine era un membro della Resistenza francese, una capace di affrontare l'arresto, la tortura e la prigionia nei campi di concentramento di Ravensbrück e Buchenwald pur di non tradire i compagni. Una volontà d'acciaio la sua, che la rende l'interprete ideale, legami di parentela a parte, per l'immaginario concreto delineato qui in passerella. Va però detto che non ci sono riferimenti precisi alle tre donne, a parte una T-shirt su cui si legge Non, je ne regrette rien, quelli della designer non sono richiami didascalici, ma d'atmosfera.
La donna Dior: tra ultrafemminile e spirito punk
Dopo la collezione haute couture che celebrava Josephine Baker a gennaio, la collezione prêt-à-porter disegnata da Maria Grazia Chiuri per l'autunno inverno 2023/24 si ispira a tre clienti della maison: la sorella dello stilista Catherine Dior, combattente della resistenza, fiorista e donna d'affari che rifiutò di sposarsi, la musa esistenzialista Juliette Gréco e la cantante Edith Piaf. "Oltre a essere molto eleganti, avevano un atteggiamento un po' punk", afferma Maria Grazia Chiuri. Durante la sfilata, le modelle si sono mosse al suono di "Je ne regrette rien" nella sinuosa scenografia di un fiore gigante disegnato dall'artista portoghese Joana Vasconcelos. Intitolato "Valkyrie Miss Dior", evocava lo spirito di Catherine Dior, "una donna forte e sensibile".
Parlando di abiti, tutto questo si traduce in una rilettura meno da atelier e più da strada, degli stilemi della maison Dior, che in quegli anni esplose: le gonne a ruota e quelle a matita, come pure le giacche riprese dai modelli dell'epoca, appaiono stropicciate ad arte grazie all'inserimento di fili di acciaio Inox nei tessuti, che permettono ai materiali di mantenere la forma che gli si dà. I paltò sono avvolgenti, quasi sportivi, e persino gli abiti da cocktail sembrano meno formali. È chiaro come questa sia una moda vera, quotidiana. A prescindere dall'ispirazione.

A fare da contraltare a tanto pragmatismo è la scenografia dello show, un'immensa installazione tentacolare e coloratissima di Joanna Vasconcelos, straordinaria artista portoghese che usa il ricamo, il patchwork e la tessitura. L'opera è dedicata a Catherine, e si intitola Valkyrie Miss Dior: è un omaggio al coraggio e all'amore per i fiori della donna. Chiuri e Vasconcelos hanno collaborato per mesi, e per la prima volta la stilista ha inserito in collezione i motivi creati dall'artista. E, a testimoniare quanto sia memorabile il lavoro di Vasconcelos, la meraviglia dipinta sui volti delle star presenti - tra loro Charlize Theron, Gal Gadot e la giovanissima Bella Ramsay di The last of us - quando entrano in sala.