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Da Colazione da Tiffany a Monica Bellucci e Kate Middleton: storia del tubino nero, l'abito perfetto che piace alle dive

Da quando Coco Chanel lo ha inventato nel 1926 il Little Black Dress è entrato nella storia della moda. Grazie anche al suo successo presso le star di ogni epoca. Perché come dice Miuccia Prada: “progettare un piccolo abito nero significa provare a esprimere attraverso un oggetto semplice la grande complessità delle donne e dell’estetica contemporanea”.

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Monica Bellucci
Monica Bellucci 
“Era una calda sera di inizio estate e lei indossava un piccolo, delizioso, abito nero, sandali neri e una collana di perle”. Così Truman Capote descrive Holly Golightly, sventata e romantica protagonista di Colazione da Tiffany (1958). Di lì a qualche anno, Holly sarebbe approdata sul grande schermo con le meravigliose sembianze di Audrey Hepburn, tubino nero incluso. Artefice di quell’abito dall’assoluta semplicità e insuperata eleganza, fu Hubert de Givenchy, il couturier prediletto della diva che, fin dal 1954, quando iniziò a vestirla in Sabrina, iniziò a occuparsi del guardaroba della Hepburn sullo schermo e nella vita privata. Presto, insieme all’abito verde realizzato con la tenda indossato da Vivien Leigh in Via col vento (1939) e a quello bianco plissé soleil sfoggiato da Marilyn Monroe in una delle scene clou di Quando la moglie è in vacanza (1955), quel vestito si sarebbe trasformato in uno degli abiti più famosi della storia del cinema, al punto da essere stato battuto all’asta da Christie’s il 5 dicembre 2006 per 467.200 sterline.

Oggi, sulle orme di Holly e delle sue mille epigone, il piccolo abito nero o, come viene abbreviato oltre-Manica LBD (Little Black Dress), è un classico imperituro. Difficile non possederne almeno uno, così come non c’è stagione in cui non compaia in passerella. Per il prossimo autunno a interpretarlo sono stati in molti. Se Giambattista Valli lo ha riletto in chiave borghese, Antonio Marras lo ha realizzato in versione froissé, mentre Demna Gvasalia per Balenciaga, ne ha colto il lato ecclesiastico. La schiera di sacerdoti e sacerdotesse in nero mandati in passerella dal designer georgiano fa riferimento ai suoi ricordi infantili (appartiene a una famiglia osservante ortodossa), e li fonde con le suggestioni liturgiche del grande couturier spagnolo. “Le prime creazioni di  Balenciaga” ricorda Gvasalia all’incontro con la stampa poco prima della sfilata “furono due abiti in velluto nero che confezionò quando era ancora un ragazzino per una marchesa che gli fece poi l’onore di indossarli alla messa”.


Presenza fissa in occasioni formali e tappeti rossi, anche quest’anno il tubino nero non ha fatto eccezione. Poco prima del lockdown, alla notte degli Oscar lo hanno sfoggiato Charlize Theron e Margot Robbie (rispettivamente in Dior e Chanel). Lo ha scelto, firmato Ellery, Ellie Goulding al party degli ultimi BAFTA. Non ci rinunciano le ‘cognate di Windsor’ Kate Middleton e Meghan Markle, due donne molto diverse che, pur avendo stili agli antipodi, hanno fatto di questo indumento un fedele compagno delle loro uscite, ufficiali e non.


Ma a proposito di LBD, la prima a venire in mente è Coco Chanel. Era il 1926 quando Mademoiselle, ricordando la sua infanzia povera dove il grembiule nero cancellava ogni disuguaglianza sociale, creò la petite robe noire. Il modello #817, così si chiamava quel tubino, riscosse un tale clamore che nell’ottobre di quell’anno sull’edizione americana di Vogue, oltre a essere definito: “l’abito che tutto il mondo porterà”, per modernità, eleganza e praticità, venne paragonato all’ultimo modello di automobile Ford. Da quel momento il tubino nero è diventato un classico, costantemente riletto dalla moda, e ha ammaliato milioni di donne.

Edith Piaf lo indossava in versione esistenzialista, Marilyn Monroe lo preferiva glamorous e incollato alle sue curve sinuose, Catherine Deneuve aveva un debole per i modelli bon ton, come quello castigatissimo, con collettino bianco che le realizzò Yves Saint Laurent per Bella di giorno (1966) il film di Louis Buñuel dove interpretava il ruolo della perversa Sevèrine. Da noi, invece, a farne un manifesto ci sono state Anna Magnani, che li ordinava in serie a Fernanda Gattinoni, e Monica Bellucci che raramente rinuncia all’allure del tubino nero, specie se firmato da Dolce&Gabbana. Quando si parla del LBD è difficile trovare un designer che non vi si sia cimentato, anche perché come sostiene Miuccia Prada: “progettare un piccolo abito nero significa provare a esprimere attraverso un oggetto semplice e banale la grande complessità delle donne e dell’estetica contemporanea”.