Un’enclave di gusto che, dalla pianura alle montagne, ha un invidiabile paniere gastronomico e lo sta valorizzando a dovere: tra riso, formaggi come Gorgonzola e Bettelmatt, Nebbiolo (il Gattinara era il vino preferito dell’imperatore Carlo V, il Sizzano quello del conte di Cavour) e una miriade di altri prodotti di nicchia che comprendono anche il pesce d’acqua dolce. Il territorio dell’Alto Piemonte sta dimostrando le potenzialità di quella terra subalpina speculare alla Langa che con essa ha tanti punti di contatto, e che sta crescendo come modello da seguire.
Una spinta non indifferente la sta dando la terza stella Michelin conquistata da Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi, così come quella di Enrico Crippa ha fissato nel Piazza Duomo di Alba una tappa fissa per i gourmet che si immergono nel baricentro goloso tra Asti e Cuneo. Uno chef campano come bandiera di una provincia inconfutabilmente nordica? Già, ed è anche per questo che il modello funziona: a partire dal suo baricentro, Novara, che è la seconda città del Piemonte e fulcro di una terra di sapori e tradizioni eterogenee che sconfinano nelle contigue province di Vercelli e del Verbano Cusio Ossola.
Del resto, l’evoluzione di ogni cucina parte da un’iniziale contaminazione: anche il riso, il simbolo più immediato di questa nuova e ipotetica Langa di settentrione, è coltivato in Piemonte solo dall’età medievale. Fu una rivoluzione che convertì intere ricette tra cui la più tipica: quella della paniscia novarese che, come vuole il nome, anticamente si faceva con un altro cereale, il panìco. Oggi il risotto è una liturgia: lo si mangiava giallo, come a Milano, nel pranzo della domenica, oppure coniugato al vino rosso di Ghemme o, in autunno, ai funghi (i chiodini di pianura o i porcini delle alture più a Nord).
Anche l’altro forte simbolo, il Gorgonzola, oggi il terzo formaggio italiano più esportato nel mondo, ha origini condivise: in questo caso con la vicina Lombardia, dalla quale a fine Ottocento è trasmigrata la gran parte dei produttori. Parlare di turismo gastronomico nel Novarese? Lo si è sempre fatto sottovoce, ma la rinnovata ribalta di Antonino, gigante buono del Lago d’Orta, può essere l’occasione giusta in tempi maturi: perché nei decenni sono maturate, oltre alla consapevolezza di una dispensa territoriale eterogenea, giovani legioni di bravi cuochi in grado di inseguire sogni: molti arrivano dal vivaio di Villa Crespi, come Vincenzo Manicone, oggi al timone del Cannavacciuolo Bistrot a Novara.
Altri hanno avuto esperienze significative in Francia, come Corrado Lombardo, che alla Locanda di Cameri si misura con il non facile obiettivo di tradurre gli ingredienti identitari (oltre al riso il salame della duja sotto grasso, o l’affine fidighin) in piatti avanguardisti e moderni. Altri sono outsider, come Roberto Arena all’Antico Borgo di Novarello o Stefano Battaini, rivelazione dello scorso anno alla guida di Cucine Nervi a Gattinara, appena Oltresesia. O Sabina Villaraggia con la sua talentuosa cucina di Villa Pizzini in vetta al Mottarone, mentre a Verbania cuochi come Marco Sacco al Piccolo Lago e Agostino Sala al Ristorante Milano declinano (benissimo) il pesce d’acqua dolce secondo i canoni della cucina gourmet. E ancora, in montagna, va citata la cucina di Giorgio Bartolucci all’Atelier, che applica alla cucina alpina i canoni di una rincorsa avanguardista (come già si vede fare in Alto Adige, nella veneta Cortina o nella non lontana Valtellina.
Il segreto per trasformare un territorio in meta gourmet è anche partire da valorizzare nuove destinazioni: anche nel Novarese, ad esempio, resta molto da fare per portare il momento (unico) della sommersione delle risaie in primavera al centro di un marketing turistico internazionale. Facendo sistema con i territori vicini, scambiandosi, ad esempio, prodotti e ricette, ma anche itinerari che possano integrare le rispettive bellezze artistiche e ambientali, come le diversità complementari tra pianura e montagna, ed è un modello che può valere ovunque. Tanti i fronti aperti tra pianura e montagna, con il sogno di fare sistema e portare qui turisti da tutto il mondo: per scoprire un territorio con la scusa di mangiare bene, oppure il contrario. A contare è il risultato.