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Pasta e basta, gli 11 piatti simbolo della cucina italiana (e dove mangiarli)

“L’Italia è un Paese diviso da un cibo comune” scrive John Dickie nel libro Con Gusto, storia degli italiani a tavola. Il docente del University College di Londra si riferisce alla pasta e al fatto che, pur essendo alimento popolare in ogni angolo della penisola, poi di fatto ogni regione e ogni città ha i suoi formati e le sue ricette peculiari. Ma è anche vero che ci sono piatti che da regionali sono diventati simbolo della cucina dell’intera penisola nel mondo: la pasta al pesto dalla Liguria, la Norma dalla Sicilia, i bucatini all’amatriciana e la carbonara da Roma, la pasta e fagioli che in ogni regione ha le sue declinazioni e che dappertutto cantano come “pasta e fasul” in That’s Amore. Ne abbiamo scelte 11 tra le più identitarie della nostra tradizione gastronomica, per suggerire i locali in cui gustarle al meglio, tra versioni classiche e rielaborazioni di grandi chef

a cura di Eleonora Cozzella 18 Giugno 2022

Pasta alla Norma



La pasta alla Norma, specialità siciliana con pomodori, melanzane, basilico e ricotta salata, è legata alla città di Catania perché pare che a coniarlo sia stato lo scrittore e poeta Nino Martoglio. Proprio lui, di fronte ai maccheroni che sintetizzano l’anima della mediterraneità, avrebbe esclamato: “È una vera Norma”, per dire che erano sublimi come l’opera di Vincenzo Bellini. Erano infatti i giorni dell’inaugurazione del più importante teatro catanese, dedicato peraltro al compositore, che apriva ufficialmente al pubblico proprio con la rappresentazione della Norma nel 1890. Un’altra storia dell’origine del piatto, l'addebita direttamente a Vincenzo Bellini che l’avrebbe creata cucinando insieme a un suo amico cuoco siciliano a Milano.

- Fattoria delle Torri, Vico Napolitano 14, Modica

- La Grande Sete, piazza Francesco Crispi 1, Donnalucata (RG)

- Km 0, via Antonio Longo 26, Catania

- La Madia, corso Filippo Re Capriata 22, Licata (AG)

- Antica Focacceria San Francesco, via Alessandro Paternostro 58, Palermo

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Bucatini all’Amatriciana



È nata nel Lazio o in Abruzzo? La risposta solo in apparenza facile: Amatrice è, sì, in provincia di Rieti ma fino al 1927 il rietino ricadeva in confini abruzzesi quindi la controversia non verrà mai conclusa. In ogni caso, il Comune di Amatrice ha registrato una De.Co. per porre i paletti agli ingredienti del famoso sugo: solo guanciale, pomodori di San Marzano, pecorino, vino bianco secco, olio extravergine d’oliva, peperoncino e sale. Niente aglio e cipolla, come voleva anche Aldo Fabrizi che ne descrive la preparazione nel film del 1951 “Cameriera bella presenza offresi”. La ricetta, legata alla tradizione agropastorale, è stata adottata dalla capitale come mostra un documento del 1816 quando il cuoco romano Francesco Leonardi la porta a tavola per Pio VII.



- Epiro, piazza Epiro 25, Roma

- Molto, viale Parioli 122, Roma

- Osteria Fernanda, Via Crescenzo del Monte 18/24, Roma

- Felice a Testaccio, Via del Torchio 4, Milano

- Hofstätter Garten ristorante pizzeria, piazza Municipio 7a, Termeno sulla Strada del Vino (BZ)

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Pasta alla Carbonara

È il piatto della rinascita, perché caratterizza gli anni della fine della Seconda Guerra Mondiale, quando si torna a mangiare in trattoria dopo un periodo di privazioni. La versione oggi considerata ideale è il risultato dell’evoluzione di una specialità che nasce molto diversa. Quando la sua fama inizia a diffondersi, non ne esiste una ricetta scritta (la prima in Italia è del 1954) e ciascun oste cerca di arrangiarla come può: in diverse ricette la troviamo con pancetta, coppa, capocollo, prosciutto. E la vituperata panna, fino agli anni ’80 era spesso prevista. Ciò non toglie che quella perfetta sia senza dubbio con solo tuorlo, guanciale, pepe e pecorino. Il formato giusto? Spaghetti o rigatoni.



- Pipero, Corso Vittorio Emanuele II 250, Roma

- Luciano Cucina Italiana, Piazza del Teatro di Pompeo 18, Roma

- Eggs, Via Natale del Grande 52, Roma

- Santo Palato, Piazza Tarquinia 4 a/b, Roma

- L’Arcangelo, Via Giuseppe Gioachino Belli 59, Roma

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Tonnarelli Cacio e pepe

Una ricetta culto delle trattorie romane, difficile da fare a casa: meglio mangiarla dove i professionisti riescono a creare l’effetto cremoso e setoso, bilanciando con sapienza gli ingredienti, senza barare con l’aggiunta di panna o burro. I tonnarelli, preparati a mano ed essiccati, sono il formato ideale perché molto porosi e consentono di accogliere bene il condimento (ma c’è chi non disdegna la pasta corta). Secondo gli storici le origini sono legate alla cucina povera dell’agro romano e solo oggi è servita cremosa, mentre in origine doveva essere molto granulosa, come racconta Antonello Colonna, considerato appunto re della cacio e pepe, perché il business delle osterie era di vendere il vino e se la pasta si “intorzava” in gola si vendeva più vino.



- Open Colonna Bistrò, stazione Termini, Roma

- Flavio al Velavevodetto, Via di Monte Testaccio 97, Roma

- Armando al Pantheon, Salita de’ Crescenzi 31, Roma

- Salvatore Tassa Colline Ciociare, Via Prenestina 27, Acuto (FR)

- Ristorante Cacio & Pepe, Viale Gian Galeazzo 3, Milano

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Spaghetti aglio olio e peperoncino



Sono la ricetta classica della spaghettata di mezzanotte tra amici per serate a tirar tardi o in solitaria quando ti prende il languorino notturno e la dispensa è quasi vuota. Con poche mosse e prodotti basilari si può portare a tavola una prelibatezza. Va da sé che quando la lista degli ingredienti è così essenziale, la materia prima deve essere perfetta: pasta spessa ben al dente, extravergine di qualità e grande attenzione a non bruciare l’aglio. L’origine del piatto è quasi sicuramente campana e una prima ricetta si trova nella Cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti, nobile cuoco letterato: “Lesserai pronti pronti libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai e frattanto farai soffriggere in una casseruola once sei d’oglio ottimo, con due spicchi di aglio”.



- Sarri, Lungomare Cristoforo Colombo 108, Imperia

- Ristorante Acanto, Hotel Principe di Savoia, piazza della Repubblica 17, Milano

- Pirò, Vicolo della Cancelleria 36, Roma

- Gennaro Amitrano Ristorante, via Marina Piccola 120, Capri (NA)

- Pensavopeggio, corso Giacomo Matteotti 266, Cecina

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Penne alla Puttanesca

La ricetta nasce in Campania, è storica e si ritrova già in libri di cucina come "Il cuoco galante" di Vincenzo Corrado del 1773, con pomodori, capperi e olive (e acciuga nella variante romana) a condire maccheroni. A essere più recente è invece il nome dato al piatto, la cui etimologia ha destato la curiosità di molti studiosi. Per alcuni era il piatto servito ai clienti di un bordello nei quartieri spagnoli in attesa dell'incontro con le ragazze. Altri ancora lo farebbero risalire ai colori sgargianti della biancheria intima delle signorine nelle case chiuse. Un’altra ipotesi porta a Ischia negli anni ’50. Il titolare di un ristorante si trovò fuori orario degli amici nel locale. Lui fece notare che non aveva quasi più nulla in dispensa, ma loro dissero che si sarebbero accontentati di una "puttanata" qualunque.

- L’Imbuto, Piazza del Collegio 7, Lucca

- Marco Martini, Viale Aventino 121, Roma

- Sud Ristorante, Via Santi Pietro e Paolo 8, Quarto (NA)

- Villa Monty Banks, Via Sorrivoli 601, Cesena (FC)

- Trippa, Via Giorgio Vasari 1, Milano

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Linguine alle Vongole

Dal ristorantino semplice sulla spiaggia al locale di pesce più raffinato, gli spaghetti con le vongole – meglio se in bianco, ma anche la versione con pomodoro è diffusa e amata - sono un must delle città sulla costa, tirrenica come adriatica, e non deludono mai, a patto di avere materia prima di qualità e delicatezza nel trattare i molluschi. Gli spaghetti sono forse il formato più noto, ma per un effetto ancora più "cremoso", sono preferibili le linguine, tanto amate in Campania. La loro sezione lenticolare, infatti, fa sì che le estremità, le "alette", rilascino un po' più di amido, dando un risultato più mantecato quando si salta la pasta nella padella. La creatività partenopea ha dato vita anche alla pasta alle vongole “fujute”, scappate, il cui aroma complessivo ricorda comunque il piatto più ricco.



- ‘Ndrè Italian Comfort Food, via degli Aranci 101 B, Sorrento

- Da Liborio, via Rosario Livatino 26, Castellammare del Golfo (TP)

- Trattoria Pennesi, Via Cesare Battisti 50, Pedaso (FM)

- Alceste al Buongusto, Piazzale Sant'Antonio 6, Anzio

- Trattoria Trentasette, Via Faleria 37, Porto Sant'Elpidio (FM)

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Trenette al Pesto

Colore verde brillante, profumo di basilico, sapore intenso: il pesto è la preparazione più rappresentativa della Liguria ed è diventato condimento nazionale famoso all’estero, con tanto di Campionato mondiale di Pesto che ogni anno richiama a Genova migliaia di appassionati da tutto il mondo. Come dice il nome, la vera salsa a base di basilico, pinoli, aglio, parmigiano e pecorino, non può essere ottenuta tritando o frullando gli ingredienti ma pestandoli (nel mortaio di marmo). Di certo l’origine è marinara ed era una preparazione tipica dei naviganti. La parte grassa aggiunta è olio extravergine di oliva, anche se alcune versioni storiche non disdegnano il burro. Il formato ideale? Trofie per chi ama la pasta fresca e trenette per chi predilige quella secca.



- Hostaria Ducale, Salita di S. Matteo 29/R, 1Genova

- Trattoria da Ugo, Via dei Giustiniani 86r, Genova

- Rosmarino, Salita del Fondaco 30, Genova

- Trattoria dell’acciughetta, Piazza Sant’Elena, Genova

- Trattoria delle Grazie, Via delle Grazie 48, Genova

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Pasta e fagioli

È una minestra presente nelle tradizioni di diverse regioni italiane, piuttosto liquida ma cremosa, preparata con fagioli cotti in brodo, insaporiti con aromi e uniti alla pasta secca o fresca. Sebbene i fagioli siano estivi il piatto è tipicamente invernale e prevede l’uso dei legumi secchi poi ammollati. Nella tradizione veneta e in generale del Nord Italia i fagioli sono i borlotti o i fagioli di Lamon. In Toscana si prediligono i cannellini che, lessati e setacciati poi insaporiti con aglio e peperoncino, incontrano ditali o pasta fresca tipo “tagliarini”. La versione campana parte da un soffritto e prevede anche il pomodoro e la pasta mista. In Emilia-Romagna i fagioli sono cotti in umido con polpa fresca di pomodoro per poi incontrare i maltagliati all’uovo.



- Vecchia Arona, lungolago Guglielmo Marconi, Arona (NO)

- L’Altrimenti ci arrabbiamo, via Tagliamento 4, Milano

- Enoteca Marcucci, via Giuseppe Garibaldi 40, Pietrasanta (LU)

- Megaron, via Neviera 11, Paternopoli (AV)

- Locanda Baggio, Via Bassane, 1, Asolo (TV)

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Ziti alla Genovese

A Napoli dire la genovese sottintende gli ziti con la genovese, una salsa ottenuta dalla cottura lentissima di cipolle e carne, fatte andare sul fuoco sino a ottenere un condimento di colore bruno dorato, denso e quasi compatto. Si sposa agli ziti e il verbo è quanto mai pertinente visto che questo formato di pasta lunga, tubolare, cava e liscia ha un'origine piuttosto curiosa: un tempo le ragazze senza marito la domenica stavano a casa da sole a preparare la pasta che prende il nome dalle zitelle, appunto. Quanto al termine genovese, potrebbe risalire ai ristoratori genovesi che al porto di Napoli cuocevano la carne con la cipolla (a cui i napoletani avrebbero poi aggiunto la pasta) o secondo un’altra ipotesi, a un monzù di Ginevra (Geneve, dunque Genovese) che introdusse questa variante della soupe d’oignons a Corte.



- Ieri Oggi Domani, via Nazionale 6, Napoli

- Osteria della Mattonella, Via Giovanni Nicotera 13, Napoli

- La Tradizione, Via Raffaele Bosco 969, Vico Equense (NA)

- Mimì alla Ferrovia, Via Alfonso D'Aragona,

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Spaghetti al pomodoro

Un’icona in senso letterale: sullo smartphone il simbolo della pasta è proprio un piatto di spaghetti al pomodoro. Secondo Fulvio Pierangelini è la ricetta più sfidante per un cuoco perché tutti l’hanno mangiata spesso e hanno il loro modello di perfezione. Di recente Massimo Montanari nel libro “il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro”, ne ha raccontato l’evoluzione, sottolineando la diffidenza iniziale per il frutto arrivato dal Sudamerica, che a poco a poco ha conquistato la fiducia e colorato la pasta, in precedenza solo bianca. Per tutto il ‘700 la salsa di pomodoro è usata come intingolo per le carni, ma nel 1807 l’Almanach des Gourmands ne documenta l’uso sulla pasta, consacrato con La cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti che nel 1837 aggiunge anche il tocco del basilico.



- Sea Front Pasta Bar, piazza Municipio 1, Napoli

- Ceresio 7 Pools & Restaurant, via Ceresio 7, Milano

- George Restaurant al Grand Hotel Parkers, C.so Vittorio Emanuele 135, Napoli

- Roscioli, Via dei Giubbonari 21-22, Roma

- Dattilo, Contrada Dattilo 6, Strongoli (KR)

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