“Tutto è connesso”. Di frequente, citando Papa Francesco, mi capita di utilizzare questa asserzione per spiegare come da un evento naturale, così come da un comportamento umano, si generino conseguenze alle volte anche inaspettate. Dobbiamo avere sempre più chiaro come i nostri comportamenti possono incidere sulla vita del nostro Pianeta e di tutti i suoi abitanti.
Ecco perché, in vista dei preparativi delle feste natalizie, voglio raccontare di uno dei protagonisti di pranzi e cene di questo periodo di fine anno; un animale che allo stesso tempo rappresenta una delle reti trofiche più incredibili che esistono in natura e che noi, per via di comportamenti incuranti, rischiamo di far scomparire: il salmone.
Negli ultimi anni il consumo di salmone è aumentato a dismisura. Il 30% di quello che arriva sulle nostre tavole è selvatico, ma pescato senza alcun ritegno e spesso senza permettere all’animale di risalire il fiume e deporre le uova. Questo, oltre a mettere a repentaglio la sopravvivenza di intere specie di salmoni, ha comportato una forte diminuzione di azoto di origine marina in molte foreste del Nord America.
Non solo questo, un salmone selvatico, grazie alla sua alimentazione naturale, ha carni di un colore rosato (che in alcuni casi possono diventare rosso intenso nella stagione riproduttiva) e uniforme e nasce con l’incredibile propensione che lo porterà a risalire lo stesso fiume in cui è nato. Questo suo comportamento, insieme al fatto di aver vissuto tutta la vita in mare aperto, determina un basso tasso di tessuto adiposo. I salmoni di allevamento, invece, non godono di queste caratteristiche. Nutriti con mangimi a base di altri piccoli pesci (affinché un salmone “ingrassi” di un kg sono necessari 5 kg di altro pesce), cereali e soia, la loro carne è molto più sbiadita. Questo non è ammissibile in un mercato che utilizza il colore della carne come primo criterio di valutazione della qualità del salmone. Ecco che per il pesce allevato è diventata ormai la prassi aggiungere coloranti e additivi in modo da accontentare l’occhio del cliente. Inoltre, fortemente limitati nei loro movimenti, i pesci allevati risultano essere molto grassi e, se la loro dieta è ricca di vegetali, presentano percentuali minori di quegli omega-3 tanto importanti anche per la nostra salute.
Il mio auspicio è quello che l'avvicinamento di questo particolare periodo dell’anno ci possa vedere più attenti e consapevoli. Consiglio dunque, durante i preparativi di pranzi e cenoni con amici e parenti, di ben indirizzare le proprie scelte. Ricordiamoci che, anche se ci possono sembrare molto distanti, come ad uno sguardo superficiale sembrano esserlo pesci e alberi, i nostri comportamenti quotidiani sono strettamente connessi alla salute di uomini, animali e interi ecosistemi.