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Da locale della mafia a speranza per i giovani: così a Lecco è sbocciato un Fiore

La squadra di Fiore - Cucina in libertà
La squadra di Fiore - Cucina in libertà 
Negli Anni 80 era un fortino della 'ndrangheta, oggi, grazie a Libera, è un ristorante elegante che insegna un mestiere a ragazzi con un passato difficile. Lo chef Antoniella: "Ho abbandonato lo stress e i guadagni delle grandi cucine internazionali per un impegno sociale genuino. E oggi sono molto soddisfatto"
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Negli Anni 80 era il Wall Street, locale-fortino della ‘ndrangheta alle porte di Lecco, Brianza profonda. Oggi è un ristorante ricercato nei dettagli, ma soprattutto un luogo che ha fatto del riscatto sociale la propria missione, perché lì si insegna un mestiere e si dà una possibilità a ragazzi giovanissimi, alcuni con storie molto problematiche alle spalle. Così Fiore - Cucina in libertà in questi anni è sbocciato, cambiando decisamente pelle, ma senza voler cancellare del tutto le tracce del passato. Un passato che è decisamente tormentato, infatti riaprire non è stato così semplice.

Confiscato nel 1992 dopo l'arresto del boss Franco Coco Trovato, ci è voluto coraggio per trasformare un luogo simbolo della cosche in un ristornate-pizzeria che ha come motto “il gusto della legalità”. “Merito di Paolo Cereda, presidente di Libera di Lecco, l’associazione presieduta da don Luigi Ciotti, che purtroppo è venuto a mancare poco dopo l’inaugurazione”, ci spiega lo chef Giorgio Antoniella, 45enne originario di Terni. “Dopo vent’anni di serrande abbassate e molti timori, Cereda è riuscito nell’impresa, affidando la gestione alla cooperativa La Fabbrica di Olinda di Milano”. E in cucina è arrivato Antoniella, un curriculum di esperienze all’estero e in Italia, un passaggio da ragazzo da Gianfranco Vissani e poi Londra, Australia, Nuova Zelanda. Fino all’approdo in Cina, a Hong Kong. “Sono stati cinque anni frenetici, come impongono quelle zone del mondo, dove la competizione ti spinge al limite. Non ne potevo più e ho deciso con la mia famiglia di rinunciare anche agli agi di quella vita estrema e di tornare in Italia. Attirato dalla bellezza e dalla tranquillità dei laghi, mi sono trasferito qui, nel lecchese. Dove ho conosciuto il presidente della cooperativa che mi ha proposto di lavorare per Fiore. Ho abbandonato lo stress e i guadagni per un impegno sociale genuino, e oggi sono molto soddisfatto. Non è stata una scelta professionale, ma piuttosto esistenziale”.

Lo chef Giorgio Antoniella
Lo chef Giorgio Antoniella 
Da Fiore si fa una cucina “etica e semplice, ma che sa anche incuriosire. Spingo i miei ragazzi a sperimentare sempre. Ci discostiamo dalla tradizione lombarda privilegiando piatti che contengano tre ingredienti portanti e stagionali, per quanto possibile biologici, acquistati da produttori locali. Vogliamo dimostrare che si può fare una cucina leggera ma allo stesso tempo intrigante, grazie alla combinazione e alla lavorazione degli ingredienti”. Tra i i cavalli di battaglia, la Tartare di gambero su pan brioche con avocado, mozzarella di bufala e granita di rucola e la Costoletta d’agnello alla liquirizia con finocchi e aglio nero. E poi le pizze e le focacce gourmet.

La filiera dei fornitori è tracciata e attenta: primo fra tutti, per assonanza di intenti, Libera Terra, che fornisce vini e altri prodotti selezionati. La squadra di Fiore comprende attualmente 11 poco più che ventenni: tante storie diverse che sono confluite qui e si sono incontrate. “Attualmente ci sono ragazzi di sette nazionalità diverse che lavorano insieme - sottolinea Thomas Emmennegger, de La Fabbrica di Olinda - tutti molto giovani e provenienti dal contesto locale, molti con una complicata storia di immigrazione alle spalle. Hanno un contratto a tempo indeterminato, che non è così frequente ormai. Ma soprattutto hanno imparato un mestiere che gli garantirà un futuro. Per noi era importante trovare una combinazione tra qualità culinaria e di servizio con la capacità di fare inclusione”. Cucina etica, per davvero.