“Un bel rompicapo attraversare Dublino senza passare davanti a un pub” scriveva James Joyce nell’Ulisse. E certo di pub che meritano una sosta nella capitale irlandese ce ne sono molti. Fino a qualche anno fa, le motivazioni enogastronomiche per visitare la città si fermavano qui: qualche ottima pinta, la visita imperdibile alla Guinness Storehouse di St James’s Gate e una tappa a quell’altra icona irlandese che è il whiskey (mi raccomando, con la “e” per distinguerlo da quello scozzese) rappresentato da Jameson, la più conosciuta delle distillerie che un tempo popolavano la zona dei Liberties. Da provare anche Roe & Co, nuova distilleria che si ispira a George Roe, uno dei nomi più importanti dell’epoca d’oro del whiskey irlandese, dove vengono organizzate visite guidate degli impianti.
Il colpo di scena è del mese scorso: Ross Lewis ha annunciato che si farà da parte e a dirigere la cucina di Chapter One ecco Mickael Viljanen, che nel 2020 ha conquistato la sua seconda stella Michelin al ristorante Greenhouse, sull’altra sponda del Liffey. Lewis rimane come co-proprietario, ma avrà più tempo da dedicare a Osteria Lucio, l’altro ristorante di sua proprietà a Dublino. C’è infatti un forte legame con l’Italia nella storia personale e professionale dello chef irlandese. Dall’amicizia e collaborazione ultraventennale con Luciano Tona - protagonista negli ultimi anni, come direttore di Bocuse d’Or Italy Academy, della partecipazione italiana al più importante concorso gastronomico mondiale - è nata l’Osteria Lucio. Nei Docklands dublinesi, altra zona rigenerata della capitale, la convivialità e le materie prime irlandesi incontrano la cucina italiana.
Accanto al Mullingan’s pub c’è la Vintage Kitchen, piccolo locale dove si può gustare l’agnello del fiume Slaney cucinato a bassa temperatura. E proprio le carni di agnello, insieme a quelle di Irish Angus cucinate con tecniche moderne, al pesce e ai frutti di mare pescati sul posto, ai formaggi artigianali e al tradizionale Brown soda bread (pane integrale), sono fra i simboli della nuova cucina irlandese.
Ci sono poi posti memorabili, con poche concessioni alle mode degli ultimi anni, che hanno reso più confortevoli luoghi tradizionalmente piuttosto spartani. I locali che ospitano il McDaids, in Harry Street a due passi da Grafton Street, in origine erano addirittura un obitorio, e poi sono stati trasformati in una cappella che ha lasciato in eredità le alte volte e le finestre neogotiche. Le foto che tappezzano le pareti rendono omaggio alla vera anima del pub irlandese, luogo di socialità per eccellenza e anche di ispirazione letteraria. Al McDaids era di casa Brendan Behan, autore di teatro e attivista dell’Ira amatissimo dagli irlandesi, che di sé diceva «sono un bevitore con il problema della scrittura».