Il chilometro quadrato più goloso del mondo? Lo trovate nel cuore di Roma
Manuela Zennaro
Per me, tra le strade del Distretto Gourmet
Nei dintorni di via Giulia un vero e proprio distretto gourmet, con un'incredibile concentrazione di luoghi del gusto: dai tre ristoranti stellati nel giro di pochi metri allo street food ai templi del buon bere
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Chissà come riformulerebbe Gregorovius le sue celebri Passeggiate Romane oggi, lui che registrava le sue impressioni non solo sui luoghi visitati, ma anche sugli usi delle popolazioni a tavola. Di sicuro manifesterebbe entusiasmo parlando della ristorazione capitolina contemporanea, e non ometterebbe nelle sue passeggiate di descrivere la nascita e lo sviluppo di quei veri e propri distretti che, negli ultimi anni, hanno contribuito a rendere sempre più definita la proposta enogastronomica dei vari quartieri. O dei rioni, parlando del centro. Ed è proprio partendo da qui che il cultore del gusto, sia esso viaggiatore o residente, si accorge dell’esistenza di un triangolo dorato, o meglio stellato, dove è forte la concentrazione di locali di altissimo livello, sparpagliati entro poche centinaia di metri. Un vero e proprio distretto gourmet, dove il primo elemento caratteristico è la presenza di tre ristoranti stellati, a due passi l’uno dall’altro.
Il triangolo stellato a km zero
Fu Anthony Genovese a insediarsi 15 anni fa con il suo ristorante Il Pagliaccio – due stelle Michelin- nell’antica via dei Banchi Vecchi. “Mi sono reso conto in breve della situazione interessante che si sarebbe creata – rivela Genovese – e il merito va soprattutto all’enoteca Il Goccetto che ho proprio difronte e che ha fatto un magnifico lavoro. Ho scelto questo angolo di Roma per la sua discrezione. È defilato, qui non passano turisti in massa e già questo crea una selezione”. Elemento fondamentale per colui che è tra i più raffinati interpreti di una cucina, oggi più che mai, concentrata sui sapori mediterranei.
Anthony Genovese
“Negli anni in questa strada, e in quelle vicine, sono stati aperti locali molto interessanti, auspico quindi una riqualificazione anche a livello strutturale. Il cliente-tipo abita principalmente nel quartiere, ma in generale si tratta di gente facoltosa e intellettuale, che ci sceglie consapevolmente. Molti sono anche gli stranieri, che amano passeggiare dopo cena, e in questo senso la nostra ubicazione è privilegiata, potendo contare sulla vicinanza di luoghi come Castel Sant’Angelo e Campo de’ Fiori. Purtroppo alcune zone del centro storico sono penalizzate dall’assalto di junk food di basso livello, e anche in questo caso qui ci troviamo in un’isola felice che speriamo venga preservata”.
Nel novembre del 2015 è stata la volta di Giulio Terrinoni, che con il suo ristorante Per Me ha in breve conquistato la prima stella Michelin. Situato a vicolo del Malpasso, che da via dei Banchi Vecchi conduce all’elegante via Giulia, il locale si affaccia sulla strada con ampie vetrate che costituiscono un irresistibile invito anche per il passante più distratto. Al resto ci pensa una cucina marinara moderna, fresca, giocata sul binomio gusto e leggerezza vincente anche a pranzo, dove il conto si fa più lieve grazie alla formula dei “tappi”. “E pensare che sono qui per caso – rivela Terrinoni -.
Per Me
Mi trovavo in zona per una consulenza e passeggiando mi sono reso conto di quanto fosse bella. Ho visto che c’era un ristorante in vendita, ed eccomi qui. Attualmente il passaggio di persone è aumentato grazie al grande parcheggio aperto in via Giulia, cosa fondamentale per il centro, ma logicamente qui non si viene per caso; il quartiere si è andato delineando in un certo modo, e altrettanto è accaduto per il target dei frequentatori. Ma oggi possiamo dire che lo stanno scoprendo sempre più persone e ne siamo tutti contenti”.
A San Valentino del 2017 è stata la volta di Pipero, una stella Michelin, adagiato sul rettifilo di Corso Vittorio Emanuele. Locale arioso ed estremamente elegante, con una proposta ancora una volta diversa, concentrata su piatti di terra interpretati dal giovane Luciano Monosilio. Un investimento consistente, che ha regalato al quartiere un ulteriore indirizzo da podio del gusto, rendendo il piatto ancora più ricco, per la gioia dei colleghi vicini che con intelligenza hanno dimostrato uno spirito di squadra autentico, che spesso è merce rara tra chi fa questo mestiere. “Le esperienze della vita ti insegnano a migliorare - dice Pipero -.
Pipero e Luciano Monosilio
Dopo i magnifici anni trascorsi al Rex volevamo spostarci in un ristorante più grande, pensando di aumentare gli incassi per fronteggiare l’aumento delle spese. Dopo 10 mesi di startup i conti sono tornati, le nostre previsioni sono state realistiche, e siamo soddisfatti. Stiamo facendo sul serio, qui non si scherza, e il centro storico di Roma ti permette di avere una clientela diversa. Quando apriamo la porta ci troviamo di fronte a personaggi politici, giornalisti, gente dello spettacolo, abbiamo avuto il piacere di ospitare Sharon Stone che ha chiesto pure il bis di carbonara, ma queste cose le abbiamo scoperte venendo qui. Se apre un bar a piazza Navona, i risultati che contano sono i numeri, noi in più dobbiamo portare a casa un risultato in termini mediatici e di reputazione, l’impegno è tanto. Con Anthony, Giulio e gli altri siamo amici e non rivali, quando a qualcuno di noi manca qualcosa alziamo il telefono e ci aiutiamo”.
La tradizione, l’osteria chic e lo street food
La palma del locale più antico del distretto gourmet va senza dubbio a Settimio in via del Pellegrino, una delle principali trattorie storiche della città. Piccolo e spartano, sembra la quinta di un film in bianco e nero stile “Poveri ma belli”; chi viene qui non fa caso all’arredo minimal, e l’accoglienza è talmente informale che alla fine del pasto ci si aspetta quasi che al cliente venga chiesto di sparecchiare. Ma i sapori sono quelli autentici della cucina romana casereccia, quella di una volta, dove a tavola c’erano piatti di ceramica bianca e grossolana, e i bicchieri Vereco non si scalfivano nemmeno a lanciarli sul muro. Una tradizione ripresa in versione “chic” da Arcangelo Dandini, che poco più avanti, in via dei Banchi Vecchi, ha aperto nel 2013 il Supplizio “dove un supplì costa 3 euro", precisa.
Il Supplizio
Ho scelto questa zona perché mi serviva un luogo dove il flusso di passanti fosse selezionato e non massivo. Inoltre il livello degli abitanti del quartiere è elevato e questo fa sì che molti di loro siano nostri clienti. In questo locale volevo comunicare cibo strettamente romano, e il fatto di essere tra il Vaticano e Campo de’ Fiori ha aiutato. Sono aperto da mezzogiorno alle 22,30, non mi interessa il popolo della notte. Qui anche i B&B sono di lusso, non solo gli alberghi, insomma c’è il turista figo. Mi piacerebbe che anche altri miei colleghi si aggiungessero e che tutti insieme facessimo sistema, perché qui si sta creando un distretto tipo Bastille in Francia o Mayfair a Londra, che può diventare un interessante punto di aggregazione per la ristorazione di qualità. Questo è il posto giusto”.
Convinto anche Daniele Dallas Mannis che dalla sua Osteria 140, specializzata in cucina prevalentemente marinara con annesso oyster club, a pochi metri dal Supplizio, definisce il quartiere la Hell’s Kitchen romana. “Sono qui da maggio del 2015 – dice – ho scelto questa zona perché mi piaceva, e poi con accanto un ristorante con due stelle Michelin non potevo sbagliare. Quando anche gli altri hanno aperto sono stato ancora più contento, tra noi c’è molta collaborazione, e spesso capita che se ad esempio un cliente non trova posto da Per Me, Giulio Terrinoni lo manda qui. E con gli altri è lo stesso.
Osteria 140
Auspico una crescita ulteriore, ad esempio attraverso la realizzazione pratica di un’idea sempre di Giulio, consistente in una tessera che permette nel fine settimana di poter ad esempio prendere un paio di ostriche da me, un supplì da Arcangelo, un piatto nei tre stellati e un calice al Goccetto, concludendo poi la serata al Jerry Thomas. Sarebbe fantastico”.
L’enoteca storica, il regno dello speakeasy, il fascino aristocratico di via Giulia Il Goccetto
Presidia via dei Banchi Vecchi dal 1983 l’enoteca Il Goccetto, quartier generale dei winelover romani. Oltre 800 le etichette italiane e straniere, ambiente rétro e vecchia insegna “Vino e Olio” sono familiari agli habitué – e sono in tanti – che affollano questo indirizzo di culto. Impossibile non esserci stati almeno una volta, anche solo per un calice sorseggiato all’impiedi e sulla strada.
Jerry Thomas
Un gran lavoro di aggregazione, ripreso nel 2009 dagli abilissimi ragazzi del Jerry Thomas, club privato situato nel vicino vicolo Cellini. Grazie ai professionisti del bere miscelato, quella del bartender è diventata una figura centrale nelle nuove aperture romane, e il locale è dotato di drink list che non teme rivali. Sono sufficienti due minuti a piedi per raggiungere l’elegante via Giulia, lunga un chilometro e costellata di indirizzi gourmet.
I Sofà
Si parte dal ristorante I Sofà del boutique hotel 5 stelle lusso Indigo Rome – St. George, dotato di terrazza panoramica e caratterizzato da una cucina di territorio ingentilita e ben presentata.
Achilli al D.O.M
Per gustare i piatti moderni e ricercati di Alessio Tagliaferri, concepiti con la benedizione di Massimo Viglietti (chef di Achilli al Parlamento, una stella Michelin) basta spingersi poco più avanti sino ad Achilli al D.O.M., aperto nel 2017 e anch’esso dotato di scenografica terrazza con annesso cocktail bar. Dall’altro capo della strada, l’antica sartoria con ingresso in Lungotevere dei Tebaldi ha lasciato il posto a una delle più interessanti e recenti aperture.
Giulia
Si tratta di Giulia, bel ristorante dall’aria vintage già entrato nel cuore dei gourmet della capitale grazie all’estro di Pierluigi Gallo, artefice di una cucina influenzata da importanti esperienze accanto a chef del calibro di Niko Romito, Anthony Genovese e Riccardo Di Giacinto.
Thien Kim
Affascinante – infine - nella sua semplicità il ristorante vietnamita Thien Kim, aperto nella metà degli anni Settanta al civico 201 di via Giulia. Gestito da una delle ultime famiglie di esuli fuggiti al tempo della presa di Saigon, il locale è molto intimo, i prezzi modesti e il menu classico e consolidato. Basta girare l’angolo e trovarsi in via delle Zoccolette, dove hanno inizio un nuovo distretto e una nuova storia.