In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

"Amici romani, venite a mangiare a Ostia, non siamo Suburra"

"Amici romani, venite a mangiare a Ostia, non siamo Suburra"
L'appello dei ristoratori del litorale per reagire al crollo degli affari negli ultimi mesi a causa della sovraesposizione mediatica: "Non siamo quello che raccontano i giornali". Ecco i locali da non perdere
4 minuti di lettura

“Non te capisco: se sbattemo pe’ fasse ‘no schizzo e te te piji er gelato?”. Era la Ostia di “Amore tossico”, il film del 1983 in cui Enzo (Di Benedetto) rimprovera Ciopper (Stani) per aver comprato un gelato da “duemila lire” con i soldi della droga. La scena si svolgeva al pontile, simbolo di quel litorale e di una bella fetta di estate a Roma, ma la pellicola racconta una periferia trascurata e inquietante. Un pezzo di città immaginato spesso come sede del malaffare, di abusivismo e di mafia.

Per Ostia, nell'immaginario collettivo, il passato sembra ritornare. Le cronache spaziano da Mafia Capitale, con un Municipio sciolto per infiltrazione due anni fa, alla saga delle famiglie criminali che controllano le zone più degradate: come il clan Spada, finito sui giornali di tutto il mondo per l'aggressione a un giornalista. Senza tralasciare la recente crescita di gruppi politici di estrema destra. Tutto vero, certo. E da affrontare con serietà.
Ma oltre a quella che ormai molti chiamano la vera “Suburra” romana c’è altro, molto altro. A cominciare da una ristorazione di qualità che fatica ad emergere e risente per prima di questo diffuso clima di diffidenza. Soprattutto negli ultimi mesi ristoranti, locali, caffetterie ma persino tabaccai e albergatori lamentano un calo delle entrate dovuto - sostiene chi lì vive e lavora - a una bassissima affluenza dei romani e dei turisti che per anni avevano attraversato la Capitale per raggiungerla. Un macigno che può pesare anche per il 30 per cento del fatturato. Dalla litoranea all’Idroscalo il timore è che se le cose “continueranno ad andare avanti così”, in parecchi dovranno abbassare la saracinesca.
 
 Un primo del Molo Diciassette
 Un primo del Molo Diciassette 

Un po’ bistrattata dagli amanti del buon cibo, Ostia negli anni ha visto nasce diversi validi indirizzi. Così tra quelli che meritano un passaggio c’è Molo Diciassette, ristorante di pesce che un annetto fa ha preso in eredità i locali che portarono al successo il Tino dello stellato Daniele Usai - ora a Fiumicino -, realizzato in società tra lo chef artista Simone Curti e il direttore di sala Fabrizio Moscara. I due, entrambi pescatori con l’amore per la ristorazione, hanno creato una tavola di mare elegante, che celebra il pescato fresco procacciato dai migliori fornitori della zona. Senza voler ricalcare l’identità di alta cucina del precedessore si preparano piatti semplici, a prezzi accessibili e con prodotti di assoluta qualità. Un ristorante dall’anima marinara che mantiere un servizio non formale e una bella carta di vini biologici e biodinamici. “Noi ci proviamo a fare una ristorazione di qualità, ma ormai c’è paura di venire a Ostia”, spiega Curti. “Negli ultimi mesi hanno fatto del terrorismo, ma chi vive qui sa bene che non c’è nessun pericolo a girare per strada o andare nei locali”.

E non è il solo a pensarla così. Pure Sergio Comandè, proprietario di Povero Pesce, indirizzo semplice e apprezzato che negli anni romani e turisti hanno imparato a conoscere, lamenta un’eccessiva rappresentazione da Far West di questo angolo di Roma: “Non voglio dire che sia il paradiso, ma chi vive qui sta bene, ci sono persone serie e pulite che lavorano onestamente. A venire a Ostia non si rischia nulla”.
 

Sempre tra le insegne più recenti c’è quella dinamica e giovane di Emanuele Landi, ideatore di Landi Degustazione e Mescita, un’enoteca con cucina in pieno centro a Ostia. “Promuoviamo prodotti del Lazio, selezionati da piccoli artigiani, un po' come noi”, spiega Landi. A pranzo vengono serviti piatti caldi regionali con prodotti stagionali, mentre la sera c’è la formula dell’aperitivo, molto apprezzata dai residenti, con taglieri di salumi e formaggi di prima qualità e vini selezionati. Qui si vendono anche pasta, vini e oli, infusi e distillati. Ostia, che non è per nulla austriaca, offre anche degli apprezzatissimi krapfen, le bombe fritte ripiene di crema e marmellata. Da anni le file si sprecano di fronte al localino storico gestito dalla famiglia Paglia a due passi dall’area pedonale. Lì accanto, a piazza Anco Marzio, sorge da qualche mese un’altra delle mete gourmet della frazione litoranea: Gastaldino, La Salumeria 2.0. Un negozio dove è possibile mangiare e dove convergono tante realtà enogastromiche di qualità da territori vari come Tuscia, viterbese e Umbria. È gestito dai Gastaldi, famiglia di ex commercianti del quartiere romano. Diversa l'offerta della Gnoccheria che prepara cucina emiliana. Sempre tra le giovani realtà c'è FreakOut, un'animata birreria con cucina di carne.

Molto apprezzata anche una piccola insegna dedicata all'olio. Si chiama Oleonauta. Da tre anni Simona Cognoli, la proprietaria, che è anche assaggiatrice e sommelier dell'olio, apre la sua bottega soprattutto per le degustazioni di extravergine provenienti un po' da tutta Italia, a cui si affianca una vendita al dettaglio più ristretta. Sul litorale romano poi si trova un piccolo miracolo gastronomico: un laboratorio di pasticceria che, grazie al suo successo, apre solamente una volta all'anno, nel periodo di Carnevale. Così Pasticceria Simona, nata dall'idea di due amici campani, Lorenzo Russomanno e Giuseppe Gifoli, prepara frappe e castagnole per tutto il mese di febbraio.
 
Da insegne recenti a una storica. Direttamente dagli anni ’30, dallo stile classico, La Vecchia Pineta.  È aperta tutto l’anno. Serve sauté di vongole e spaghetti con le telline, grigliata mista e fritture varie. Qui sono state girate diverse scene di Suburra, la nota serie di tv di Netflix incentrata sulla battaglia politica e criminale per la conquista di Ostia. Il ristorante romano era sul set il locale di proprietà degli Adami, una delle due famiglie malavitose protagoniste della fiction. “Girare un film qui piuttosto che al centro di Roma – spiega la proprietaria Patrizia Fumagalli – non vuol dire per forza identificare un posto negativamente. Sì è scritto troppo su Ostia, tant'è che ormai c'è il coprifuoco”. Il quartiere  “è deserto”. “L'immagine – taglia corto – che è stata esportata a livello mondiale ha penalizzato tutti, sia i commercianti sia i cittadini”.
 
Insomma, il panorama gastronomico di Ostia ha un buon potenziale ma in gran parte fatica ancora a emergere perché negli anni è rimasto per lo più inespresso e penalizzato da una situazione sociale molto difficile. Non è poi così scontato ricordare che quella striscia di litorale così negletta, con i suoi 230mila abitanti, conta zone come la Pineta di Castel Fusano, la riserva naturale dei Cancelli e il Lido, la “spiaggia di Roma” che attrae ogni estate decine di migliaia di forestieri, sopratutto romani. La vox populi del litorale capitolino è abbastanza unanime nel sostenere che a causare il deserto in questa parte della città sia stato, da una parte, un’immagine esterna cruda e malata, dovuta alle cronache e, dall'altra, un abbandono politico maturato da due anni a questa parte. In entrambi i casi a farne le spese è stata una ristorazione e un commercio sano e pulito che a Ostia esiste per davvero.