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"Il bancone è come un teatro". Manuele Colonna e i 15 anni che hanno rivoluzionato la birra artigianale

Manuele Colonna
Manuele Colonna 
Intervista al più famoso dei publican romani, tra l'orgoglio di un movimento in crescita e il muro contro l'invadenza delle multinazionali del settore. Seguici anche su Facebook
4 minuti di lettura
Nel 2001 in via Benedetta 25 alle spalle di Piazza Trilussa, a Roma, apre un piccolo pub dal nome irriverente: Macchesietevenutiafa. Quattro spine e tanta passione in un momento storico in cui i birrifici artigianali italiani si contavano sulle dita di una mano, cosi come i pub romani dove si poteva assaggiare una birra diversa dalle solite Heineken, Tennent’s e Peroni. Pochi anni, e la passione del publican Manuele Colonna, alcune circostanze favorevoli come l’esplosione del movimento craft, prima internazionale e poi italiano, e la splendida quanto affollata cornice trasteverina hanno reso il Macchè un vero e proprio luogo di culto nonché meta di pellegrinaggio per i beer geeks di tutta Europa.

Tutto questo in un contesto come quello di Roma, sempre più Capitale anche birraria, nella quale, a detta dello stesso publican, è accaduto qualcosa di unico. “Se a Roma il 20% del consumo di birra è craft il merito naturalmente non è solo il nostro, ma di una serie di attori che hanno operato molto bene in un contesto favorevole come quello tra il 2000 e il 2008 in cui la birra artigianale stava esplodendo. In quegli anni ci sono stati diversi pionieri della comunicazione al pubblico che hanno fatto la differenza e tutti quanti siamo stati abili a catalizzare gli interessi di persone innamorate di birra. Basti pensare che la stragrande maggioranza di pub aperti a Roma negli anni successivi è frutto di clienti di altri pub.”
Colonna e alcuni amici all'esterno del suo storico locale di Trastevere
Colonna e alcuni amici all'esterno del suo storico locale di Trastevere 
Comunicazione in tal senso è trasmissione di una passione che ha creato a Roma un fermento unico in Italia e con pochi eguali in Europa. Ma comunicazione è anche gestualità e a volte un gesto può avere la forza di mille parole. “Rimasi molto affascinato da come spillava la birra Stefano Carlucci del Bon Bock, che a fine anni ’90 era un punto di riferimento per appassionati come me. Per la prima volta vidi qualcuno spillare la birra in tre tempi aspettando che la schiuma si assottigliasse al fine di sprigionare tutte le qualità olfattive e gustative della birra. All’epoca era impensabile che si aspettasse dai 5 ai 10 minuti per spillare ottimamente una birra. Era un gesto quasi rivoluzionario e sicuramente molto coinvolgente”.

Fondamentale è quindi il publican (il proprietario del pub), che ha il ruolo di ottimizzare il prodotto di un artigiano consegnando al cliente le chiavi del sapore. Una figura professionale che rappresenta un tassello imprescindibile della filiera brassicola ed è quel collante che unisce la strada al processo di produzione che c’è a monte. “La birra è la prosecuzione della personalità del birraio e noi abbiamo il dovere di raccontare le loro storie. E' prima di tutto condivisione, è empatia con il cliente, per questo motivo mi piace pensare il bancone come un teatro. Parlare con gli avventori non è mai tempo sprecato perché nelle vere public house il cliente si deve sempre sentire a casa”.  

Ma Manuele Colonna non è solo un publican, organizza eventi come Eurhop o il festival delle birre della Franconia, prodotti “che vanno coccolati come bambini, birre con le quali si va alle radici della tradizione” ed è un uno degli opinion leader più influenti del settore, oltre ad aver intrapreso un percorso imprenditoriale di successo. Nel 2006 apre infatti insieme ad altri soci Bir e Fud, dirimpettaio del Macchè, che strizza però l’occhio ad un pubblico più ampio, per il look più accattivante e per la possibilità di abbinare un fritto o a una pizza alla solita splendida selezione di birre.
Interno di Be.Re
Interno di Be.Re 
Fino ad arrivare al 2016, in cui apre Be.Re a piazza Risorgimento e intraprende forse la sua sfida più grande: lanciare un pub a Berlino. Birra: Italian Craft Beer è un avamposto delle eccellenze brassicole italiane in terra teutonica aperto insieme a Lambrate, storico birrificio di Milano. “In Germania ci sono due fattori da tenere in conto: il costo della birra mediamente più basso che da noi e la grande tradizione. In un contesto del genere naturalmente è più difficile entrare nel mercato con la birra artigianale e lo è ancor di più se pensiamo ad altre capitali europee con un retaggio simile a Berlino, come Copenaghen o Londra. Ma romperemo il muro di freddezza che c’è nei confronti del prodotto craft. E’ una sfida molto stimolante e a ottobre organizzeremo un festival perché anche qui è essenziale pensare al pub come punto di incontro tra birrai e gente comune.”

Quello di Manuele Colonna è un percorso imprenditoriale nato e cresciuto di pari passo con il repentino sviluppo del settore artigianale italiano. Ma quest’ultimo non è la gallina dalle uova d’oro che ha spinto parecchie persone a investire in questo mondo. Sono tante le problematiche di un settore tuttora in stabilizzazione. Innanzitutto l’elevata tassazione, ma anche la grandissima competizione. Secondo Microbirrifici.org sono più di 1200 i birrifici in attività, un boom incredibile che nel solo 2014 ha visto ben 100 nuovi birrifici. Una competizione che è tra microbirrifici, ma anche con la grande industria.

Secondo Manuele Colonna la scelta di bere birra artigianale non è solo di natura qualitativa. “Alla gente comune può sembrare che sia questa la questione dirimente, ma c’è dell’altro. Nel corso degli anni gli appassionati sono riusciti ad ampliare il mercato fino ad intaccare gli interessi della grande industria, che di risposta è entrata prepotentemente nel settore acquisendo birrifici artigianali al fine di condizionare il mercato e ampliare i loro business: Birra del Borgo è solo la prima di una lunga serie di acquisizioni. (è di pochi giorni fa l’acquisizione di una quota minoritaria di Birrificio del Ducato da parte del gruppo belga Duvel ndr). Operazioni come questa permetteranno di presentare birre percettivamente uguali alle artigianali ma di venderle alla metà del prezzo del prodotto di un artigiano. Per un mastro birraio il tempo è il suo migliore amico, mentre industria significa accelerazione dei processi di produzione, pastorizzazione e conseguente decadimento organolettico e gustativo del prodotto.”

Un movimento che, quindi, nonostante negli ultimi anni sia riuscito ad affacciarsi al grande pubblico, deve riuscire quanto meno a solidificare quella fetta di mercato conquistata. Negli anni è mancata coesione tra i vari stakeholder e una legge che definisse e regolamentasse la produzione artigianale (la 154/2016) è arrivata solo meno di un anno fa. Ma soprattutto è mancata un’associazione che rappresentasse in maniera decisa gli interessi dei birrifici. Anche se qualcosa sembra cambiare: Unionbirrai ha modificato la propria natura giuridica passando da associazione culturale ad associazione di categoria.L’auspicio è che la nuova Unionbirrai sia completamente diversa dalle varie associazioni che fino adesso hanno rappresentato questo mondo con poca lungimiranza agendo in maniera dilettantistica. Finalmente sembra che si stia cercando di dettare delle linee da seguire per salvaguardare e migliorare il nostro mondo e renderlo il più professionale possibile.”

Per concludere, un accenno alla recente polemica con Slow Food, che nel suo recente manuale “Il piacere della Birra” minimizza le polemiche sul passaggio di mano di Birra del Borgo alla multinazionale Ab InBev e afferma che “i prodotti mantengono la costanza e la qualità di sempre: passeggiando in mezzo all’impianto produttivo vi accorgerete che la voglia di sperimentare è la stessa che caratterizza l’azienda fin dai primi giorni”. Affermazioni che per molti protagonisti del settore hanno il sapore del tradimento, visto la condivisione di valori e idee che accumunano da sempre l’associazione di Petrini e il movimento artigianale. “Per noi Slow Food è molto importante, anche perché i loro messaggi riescono a raggiungere un gran numero di persone. Slow Food è un garante qualitativo e non può permettersi di avere una posizione ibrida su Birra del Borgo e quindi sulla multinazionale AbInbev. Quel passaggio rimette in discussione molto, perché teoricamente ciò che noi comunichiamo rientra perfettamente nella loro filosofia”.