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Una foresta liquida di microalghe per "mangiare" la CO2 di Porto Marghera

Graziano Tassinato vicino a un cilindro di microalghe
Graziano Tassinato vicino a un cilindro di microalghe 
Un progetto del Green Propulsion Laboratory sostenuto dal Comune di Venezia e dal Ministero dell’Ambiente usa la fotosintesi per riconvertire in chiave sostenibile il polo chimico industriale. "Le colonie di microalghe utilizzano fino al 6% di anidride carbonica e una volta essiccate diventano biocarburanti e spirulina"
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VENEZIA. L’abbiamo imparato alle scuole elementari: è attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana che le piante rilasciano ossigeno, ripulendo l’atmosfera da uno dei principali responsabili del riscaldamento globale, l’anidride carbonica. Secondo un recente studio della Nanjing University in Cina, questa capacità di assorbimento pare però stia rallentando in maniera sensibile in questi anni, rispetto a quanto previsto dai modelli teorici. A questo si somma il problema del degrado forestale e della deforestazione: secondo l’ultimo studio di Nature Climate Change in Brasile, solo nell’ultimo decennio, la foresta Amazzonica ha rilasciato più anidride carbonica di quanta ne abbia assorbita, emettendone nell’ultimo decennio 16,6 miliardi di tonnellate e assorbendone appena 13,9.

Urge trovare una soluzione per invertire il trend, lo si dice da tempo, invocando comportamenti green quotidiani, politiche centrali determinanti, soluzioni innovative che possano apportare un cambiamento. A Venezia ci pensano le microalghe a mangiare la CO2 emessa dalle grandi ciminiere di Porto Marghera, il polo chimico industriale che s’affaccia da più di cent’anni sulla laguna veneziana. Queste “foreste liquide” sono state immaginate, studiate e realizzate dal Green Propulsion Laboratory, del Gruppo Veritas, un progetto supportato dal Comune di Venezia e del Ministero dell’Ambiente, per riconvertire in chiave sostenibile il polo chimico veneziano. In pratica masse di microalghe, che misurano appena qualche micron, vengono posizionate all’interno di cilindri alti all’incirca due metri, nutrite con le grandi quantità di anidride carbonica che fuoriescono dalle ciminiere degli stabilimenti di Porto Marghera attivano il processo di fotosintesi.

“Il fumo che esce dalle ciminiere ha una percentuale di circa il 7 – 10% di anidride carbonica”, spiega Graziano Tassinato, biotecnologo oggi a capo di GPLab di Fusina, già R&D Manager del Parco Scientifico Vega di Venezia, “La separiamo attraverso una tecnologia chimica messa a punto nell’ambito di un progetto POR Veneto denominato Phoenix – P2G , la mettiamo in bombole e la utilizziamo per alimentare le nostre foreste liquide”. Le colonie di microalghe – composte fino a un miliardo di cellule per centimetro cubo- utilizzano fino al 6% di CO2 e crescono in poche ore. La fotosintesi viene stimolata attraverso la luce del giorno e quella artificiale, in fase di studio sistemi pulsati per incrementare l’attività notturna. Le microalghe assorbono CO2, emettono ossigeno e, una volta cresciute, vengono essiccate e utilizzate per ricavare biocarburanti, coloranti naturali, il super food tanto di moda negli ultimi tempi, la spirulina. “Abbiamo utilizzato il biocarburante per far viaggiare una barca ibrida tra i canali di Venezia e ancora circola in laguna”.

Il progetto è stato avviato all’incirca 2 anni fa, inizialmente con una decina di cilindri sperimentali. Oggi è in fase di completamento la prima foresta liquida “su commissione”, di 60 metri quadri, con 48 cilindri. GPLab collabora con le più importanti università – l’università di Padova, Ca’ Foscari di Venezia, ma anche il MIT di Boston- alla ricerca di menti brillanti desiderose di lavorare su temi di frontiera e appassionati di chimica “verde”. Veritas, multiutility interamente pubblica, che gestisce l’igiene ambientale, il servizio idrico integrato, della provincia di Venezia e litorali, è in prima linea nelle attività di ricerca sperimentale e applicata.

“Anche nel 2020, per il quarto anno consecutivo, la città di Venezia è al primo posto per raccolta differenziata e ai vertici nazionali resta anche la Città Metropolitana. Il Gruppo Veritas ha raggiunto nel 2020 il 73% di raccolta differenziata, nell’ambito di un sistema industriale che utilizza soltanto per il 3% la discarica e che consente ancora di riciclare il 14% di materiali, minimizzando le frazioni estranee che corrispondono ancora ad errori nei conferimenti, e infine di recuperare come energia la restante quota non riciclabile pari a circa 10% – afferma Andrea Razzini, direttore generale di Veritas SpA – Grandi possibilità vengono infine della bioeconomia circolare, si tratta di puntare su ricerca e innovazione tecnologica per realizzare progressivamente gli obiettivi europei e dell’Agenda Onu per la sostenibilità.