In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Alaska, scioglimento del permafrost: ecco perché aumenta il rischio tsunami

Alaska, scioglimento del permafrost: ecco perché aumenta il rischio tsunami
Con lo scioglimento dei ghiacci e del permafrost, il terreno gelato che compone gran parte delle regioni settentrionali, aumenta il rischio di frane che producono mega-tsunami. E la prossima potrebbe capitare nello stretto di Prince William, in Alaska
2 minuti di lettura
I cambiamenti climatici hanno creato un nuovo pericolo per le zone costiere delle regioni più settentrionali. Con il ritirarsi dei ghiacciai le rocce sottostanti si trovano infatti esposte agli elementi. E senza il permafrost che le teneva insieme molte pendici montane sono destinate a crollare, generando enormi frane che una volta raggiunto il mare possono produrre, a loro volta, tsunami di proporzioni gigantesche. Un rischio più che concreto per molte comunità che abitano in regioni come l’Alaska. È qui infatti che da maggio un gruppo di scienziati ha lanciato l’allarme: nello stretto di Prince William potrebbe capitare qualcosa di simile già entro il prossimo anno, con conseguenze catastrofiche difficili da immaginare realmente.
 

Molto è ancora ignoto riguardo a questi fenomeni legati al riscaldamento globale, trattandosi di un pericolo tutto sommato recente. Ma se gli esempi degli scorsi anni possono essere d’indicazione – scrivono gli esperti in una lettera indirizzata all’Alaska Department of Natural Resources – i rischi sono consistenti. Nell’ottobre del 2015 un’altra insenatura delle coste dell’Alaska, il Fiordo di Taan, è stato infatti teatro di uno dei più grandi mega-tsunami della storia: un’onda alta 193 metri nata proprio da una frana nei rilievi montani a picco sul mare. E nel 2017 uno tsunami simile nel fiordo di Karrant, in Groenlandia, ha ucciso 4 persone distruggendo quasi completamente la cittadina di Nuugaatsiaq, a oltre 30 chilometri di distanza.
 

L’allarme relativo allo stretto di Prince William arriva dall’analisi delle immagini scattate dai satelliti negli ultimi anni, che testimoniano la ritirata inesorabile del ghiacciaio Barry e la lunga scarpata di roccia che si sta lasciando alle spalle lungo le montagne che delimitano lo stretto. Secondo gli esperti, i dati disponibili indicano che i detriti accumulati sulle pendici dello stretto si stanno già muovendo, lentamente, in direzione del mare. E se la loro lenta caduta a valle dovesse trasformarsi in una frana, le conseguenze potrebbero facilmente rivelarsi catastrofiche.
 
"All’inizio era difficile crede ai numeri che avevamo di fronte – ha raccontato lo scorso anno il geofisico dell’Ohio State University Chinli Dai sul sito del Nasa Earth Observatory – ma basandosi sull’altitudine a cui si trovano i depositi di detriti, il loro volume e la pendenza della scarpata, abbiamo calcolato che il crollo produrrebbe 16 volte più detriti e 11 volte più energia di quello avvenuto nel 1958 nella baia di Lituya".
 

Per i non addetti ai lavori, la frana e il mega-tsunami della baia di Lituya sono tristemente celebri come uno degli eventi più estremi di questo tipo mai osservati. I testimoni oculari all’epoca lo descrissero come qualcosa di simile all’esplosione di una bomba atomica, tanto che l’onda sprigionata, la più alta prodotta da uno tsunami nella storia recente, ha raggiunto l’altezza record di 524 metri.
 
Gli autori dell’appello ricordano che molti fattori possono innescare una frana nelle condizioni attuali. Tra questi i principali sono piogge intense, periodi di caldo particolarmente pronunciato, e ovviamente terremoti. Un’eventualità, quest’ultima, non troppo remota, visto che eventi sismici (e conseguenti tsunami) colpiscono periodicamente le coste dell’Alaska. L’ultimo, una scossa di magnitudine 7.5, è avvenuto la scorsa notte, fortunatamente senza provocare danni. Ma presto o tardi, - avvisano gli esperti - qualcosa smuoverà l’enorme massa di rocce che incombono sullo stretto di Prince William, e secondo gli autori dell’appello una grande frana, e il conseguente tsunami, sono ormai un’eventualità inevitabile nel corso dei prossimi 20 anni. La catastrofe – aggiungono – potrebbe arrivare già entro l’anno, e situazioni simili sono destinate a verificarsi in molte altre zone dell’Alaska e della Groenlandia, visto l’inarrestabile innalzamento delle temperature previsto nei prossimi decenni.