

Dalle analisi è emerso che la crioconite custodisce radionuclidi non solo naturali, come il piombo-210, ma anche artificiali, di cui è possibile desumerne l'origine. Il cesio-137, ad esempio, rivela come le Alpi abbiano subito una forte contaminazione in seguito all'incidente di Chernobyl del 1986. La presenza di altri radionuclidi, come gli isotopi di plutonio e americio o il bismuto-207, è invece riconducibile ai test nucleari effettuati in alta atmosfera negli anni '50 e '60 del secolo scorso.
Per la prima volta, queste evidenze sono state messe a confronto con i dati provenienti da ghiacciai situati in altri contesti geografici, quali l'arcipelago artico delle Svalbard o i ghiacciai del Caucaso. Dal confronto è emerso che l'accumulo di radioattività nella crioconite è un processo comune a tutti i ghiacciai, indipendentemente dal contesto geografico analizzato. Ciò che cambia, a seconda dell'area geografica, è soltanto la composizione radiologica della crioconite.
L'analisi dei dati ha consentito, inoltre, di ipotizzare quali siano i processi naturali che consentono l'accumulo di radioattività artificiale nella crioconite. Sono le caratteristiche uniche degli ambienti glaciali a permetterlo. In estate, infatti, sulla superficie dei ghiacciai è presente abbondante acqua di fusione prodotta dal ghiaccio formatosi svariati decenni fa. La crioconite è ricca di sostanza organica, a cui molti radionuclidi sono particolarmente affini, ed è allo stesso tempo a stretto contatto con l'acqua di fusione: durante la stagione estiva, dunque, si comporta come un filtro, accumulando le deboli tracce di radioattività presenti nell'acqua stessa. Sebbene all'interno dei singoli depositi crioconitici i livelli di radioattività non siano del tutto trascurabili, non vi sono conseguenze ambientali e di salute per gli ecosistemi a valle dei ghiacciai, tuttavia ulteriori studi saranno necessari per comprendere gli effetti di tutto ciò nelle aree subito prospicienti ai ghiacciai.
"La crioconite - spiega Giovanni Baccolo, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente presso l'Università di Milano-Bicocca - è, inoltre, uno dei materiali naturali più radioattivi che si possano rinvenire sulla superficie del nostro pianeta. Gli unici luoghi dove si trovano livelli di radioattività più elevati sono i siti in cui sono avvenuti incidenti o esplosioni nucleari. A differenza di muschi e licheni, solitamente utilizzati per valutare la contaminazione radioattiva, la crioconite ha mostrato di concentrare la radioattività 10-100 volte di più, a seconda del radionuclide considerato. I risultati ottenuti, dunque, suggeriscono di considerare in futuro la crioconite per studiare il livello di integrità ambientale degli ecosistemi d'alta quota".