

"In Groenlandia la presenza di alghe sulla calotta polare induce lo scurimento di un'ampia porzione di ghiaccio (circa 100.000 chilometri quadrati) nota come 'dark zone', amplificando la fusione estiva del ghiaccio", spiega il primo autore dello studio, Biagio Di Mauro. "Nelle Alpi europee questo fenomeno non era mai stato identificato quantitativamente. Il nostro studio per la prima volta ha mostrato che il processo di bio-albedo feedback può avvenire anche alle nostre latitudini. In particolare, i campioni raccolti al ghiacciaio del Morteratsch (Engadina, Svizzera) hanno permesso di sequenziare il Dna degli organismi presenti sulla superficie del ghiacciaio e studiarli al microscopio. I risultati hanno evidenziato la presenza di colonie della specie Ancylonema nordenskioeldii, nota per la sua abbondanza nella dark zone in Groenlandia".
Il prossimo passo "sarà quello di mappare la concentrazione di alghe sul ghiaccio a partire da immagini acquisite da drone e da satellite, e così valutare l'effetto delle alghe sui bilanci di massa dei ghiacciai", sottolinea il ricercatore. "In futuro studieremo questo processo anche in Antartide nei pressi della stazione italiana Mario Zucchelli, grazie al progetto BioGeoAlbedo supportato dal Programma Nazionale di Ricerca in Antartide".